venerdì 14 dicembre 2012

Materiali per la riscrittura (novembre 2012)

Riscrivi le seguenti frasi


(Correggi la punteggiatura, l’ortografia e il lessico e riscrivi la frase modificando le parti sottolineate –ma non solo!- nella forma e nelle scelte lessicali, dividendo le frasi troppo lunghe e cercando di renderle chiare e scorrevoli)

Traccia sui giorni di festa

In questo modo i giorni di festa non sono più momenti per stare insieme, per sospendere l’abitudinarietà di tutti i giorni, o semplicemente per avere un po’ di tranquillità rispetto agli altri giorni.
(lessico ripetitivo)


Accettavo senza esitare quanto deciso dai miei “superiori”.
(espressione inappropriata)

Il vero problema sta nel fatto che, i commercianti, per tenere aperta l’attività, non hanno più una vita privata.
(punteggiatura)

Si rifletta, quindi, su che senso abbia la domenica e l’interruzione del tempo a mio parere fondamentale e necessario per ogni uomo.
(frase mal formulata)

Vicini alle vacanze di Natale radio, tv, spot pubblicitari e giornali propongono già idee regalo e vacanze.

E’ dura pensare alle vacanze di Natale e all’organizzazione di queste.
(uso dei pronomi)

La prova che la società può cambiare siamo noi, che dalle piccole cose, che possono essere domeniche o Natali, ne ricaviamo grandi esperienze.
(lessico, pleonasmo, espressione mal formulata)

I giorni di festa vengono sia trascorsi come giornate di assoluto riposo sia come opportunità per vivere senza il dovere del lavoro.
(posizione)

In cuor mio vorrei trascorrere una normale giornata senza l’obbligo scolastico.
(posizione e espressione mal formulata)

Essendo così ossessionati nel trascorrere pienamente l’esistenza, ci lasciamo sfuggire piccoli momenti intimi.
(espressione mal formulata)

Perché la maggior parte della popolazione trascorre le giornate festive come se fossero comuni?
(lessico)


I giorni di festa sono i più adatti per dedicare riposo al nostro corpo e alla mente. Perché rinunciarli trascorrendo il tempo nei negozi?
(lessico e pronome)


Ricordando che la settimana è occupata dal lavoro a tempo pieno, almeno la domenica si potrebbe dedicare alle persone care.
(posizione)

Altri considerano lo shopping non come una forma di stress, ma piuttosto come un rilassamento, avendo il coraggio di imbattersi tra il caos della gente trovando qualcosa di interessante da comprare.
(lessico; troppi gerundi)

Preferisco guardare con ammirazione una vetrina allestita con capi di abbigliamento, anziché davanti a un famoso monumento.
(lessico e sintassi)

Anche la domenica per quanto possibile ballando fino allo sfinimento.
(sintassi)

Abbiamo bisogno di “staccare la spina” dall’echeggiante routine quotidiana.
(lessico)

Non tutti la pensano come me, infatti una parte della società unifica l’intera settimana, compiendo tutti i giorni la solita routine, sottovalutando il significato e il valore che la festività possiede.
(punteggiatura, lessico, troppi gerundi)

Il piacere di fare spese ora rinnegato a causa della crisi economica.
(lessico e sintassi)

I figli ne rimangono entusiasmati.
(lessico)

Ah, il buon profumino dei piatti preparati dalla nonna!
(lessico)



Traccia sulle abitudini

Non trasformiamo anche le cose semplici in ossessioni.
(tieni conto che si tratta di un imperativo)

Questo comportamento le hanno portate ad essere persone monotone.
(concordanza)

La giornata ci mette a disposizione solo 24 ore tra le quali otto vanno subito sottratte per il tempo che si occupa per dormire.
(espressione mal formulata)


Non avere queste azioni di riferimento infondono nelle mie giornate solo noia e tristezza.
(concordanza)

L’abitudinarietà rende monotone le giornate e povere di soddisfazioni.
(posizione)

Sapere che all’interno del mio grande puzzle non c’è posto per altri tasselli, mi tranquillizza anche ciò.
(posizione)

E’ peggio di un’equazione algebrica a tre incognite, trovare la loro soluzione è impossibile.
(connettivo; prova a trasformare la seconda parte in una relativa)

Non adoro essere estremamente impegnata.
(lessico)

Ma, finché si è piccoli certe cose non sono stressanti, al massimo possono essere noiose, ma, crescendo, diventa tutto il contrario.
(punteggiatura e connettivo)

Gran parte delle persone si lamentano.
(concordanza)

Portare a termine i nostri piccoli impegni, ci fa sentire più al sicuro e piacevolmente bene.
(punteggiatura e lessico)


venerdì 7 dicembre 2012

Né bamboccioni né “choosy”. I giovani d’oggi ce li spiega Kant

Né bamboccioni né “choosy”. I giovani d’oggi ce li spiega Kant
di Umberto Curi

Leggendo il filosofo tedesco e Platone si capisce meglio la società dei minorenni
Corriere della Sera – La Lettura 2 dicembre 2012

Il copyright è saldamente nelle mani di Tommaso Padoa-Schioppa. Nell'ottobre del 2007, l'allora titolare del ministero dell'Economia nel secondo governo Prodi aveva infatti definito «bamboccioni» quei giovani che, sulla soglia dei trent'anni, continuavano a vivere in casa con i genitori. Benché duramente contestata, quella espressione era destinata ad aprire la strada a un vero florilegio di definizioni, analoghe nel contenuto, anche se differenti nella forma. Nel giro di pochi anni, malgrado l'avvicendarsi dei governi, i giovani sarebbero stati chiamati «mammoni» (Brunetta, ministro del governo Berlusconi), «sfigati» (Martone, viceministro del governo Monti), «monotoni» (Monti, presidente del Consiglio), «choosy», più o meno: schizzinosi (Fornero, ministro del governo Monti), solo perché non avevano ancora conseguito la laurea, o perché aspiravano a un posto fisso, in un mercato del lavoro in cui la flessibilità è in realtà un eufemismo per indicare la precarietà.
Non si può dire che le polemiche divampate dopo queste esternazioni siano state un modello di eleganza o di rigore concettuale. Eppure, al fondo di un dibattito culturalmente desolante vi sarebbe in realtà una questione tutt'altro che banale o trascurabile. La si potrebbe riassumere nei termini seguenti: come si diventa maggiorenni? Assodata l'insufficienza del criterio puramente anagrafico, in base al quale la maggiore età coinciderebbe con il raggiungimento dei 18 anni, a quali parametri razionalmente definibili ci si può riferire per valutare la fuoriuscita dalla minorità? E poi: davvero basta abitare da soli, o essere disponibili a cambiare lavoro, per allontanare da sé l'infamante epiteto di choosy?
Una risposta appena un po' meno occasionale a questi interrogativi può essere rintracciata in due testi filosofici, la cui importanza — anche per la comprensione di alcuni temi legati alla diatriba di cui parliamo — è abitualmente ignorata, o almeno non adeguatamente valorizzata. Da una secca definizione della minorità prende le mosse anzitutto un saggio di Immanuel Kant, tanto rilevante quanto per lo più negletto, anche perché offuscato dalla risonanza suscitata dalle tre Critiche[i]. Essa non dipende affatto, secondo il filosofo, dall'età, ma consiste piuttosto in una carenza decisiva, quale è «l'incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro».
È opportuno sottolineare che lo scritto kantiano compare originariamente non in una rivista filosofica specializzata, ma in quello che si potrebbe definire un periodico di «varia umanità», quale era la «Berlinische Monatsschrift», in risposta a un interrogativo proposto nel fascicolo precedente da un religioso, il quale chiedeva che qualcuno si prendesse la briga di spiegare «che cos'è l'Aufklärung». Conservare, almeno provvisoriamente, il termine tedesco non è una inutile civetteria, ma corrisponde all'esigenza di evitare i fraintendimenti ai quali ha dato luogo la traduzione italiana corrente, e gravemente negligente. Mentre, infatti, nel testo originale Aufklärung indica insieme quel movimento culturale che è stato chiamato «Illuminismo» e il «rischiaramento», inteso come processo mediante il quale è possibile «fare chiarezza», la traduzione italiana appiattisce l'ambivalenza del termine tedesco, rendendolo univocamente con «Illuminismo». Mentre è del tutto evidente che l'iniziativa assunta da Kant con la sua Risposta, pubblicata nel gennaio del 1784, non è motivata dalla volontà (che sarebbe poco comprensibile) di offrire una definizione tecnica di un movimento filosofico, quanto piuttosto dalla ben più significativa esigenza di spiegare in che modo si possa realizzare il «rischiaramento» intellettuale. Ne è prova il testo del saggio, scritto in maniera limpida e particolarmente incisiva, senza alcuna concessione a «tecnicalità» filosofiche, presumibilmente inadatte al pubblico eterogeneo a cui si rivolgeva la rivista. Aufklärung — scrive Kant — è uscire dallo stato di minorità, è avere il coraggio di servirsi della propria intelligenza, senza soggiacere alla guida di altri. Più esattamente, essa si identifica con una decisione — quella di diventare Selbstdenker, vale a dire letteralmente «uno che pensa con la propria testa». Né questo monito deve apparire scontato o pleonastico.
Al contrario, secondo il filosofo, «la stragrande maggioranza degli uomini ritiene il passaggio allo stato di maggiorità, oltre che difficile, anche pericoloso», e dunque preferisce sottrarsi a quella «fastidiosa occupazione» che richiede l'uso libero delle proprie capacità intellettuali. «È così comodo — sottolinea ancora l'autore delle Critiche — essere minorenni! Se ho un libro che pensa per me, un direttore spirituale che ha coscienza per me, un medico che valuta la dieta per me eccetera, non ho certo bisogno di sforzarmi da me».
Di qui una conclusione linearmente deducibile dalle premesse poste: se si vuole diventare maggiorenni, è necessario sottrarsi alla custodia di quei tutori che costantemente invitano a non ragionare («L'ufficiale dice: non ragionate, fate esercitazioni militari! L'intendente di finanza: non ragionate, pagate! L'ecclesiastico: non ragionate, credete!»), usando invece sistematicamente la propria intelligenza, senza soggiacere alla presunta autorità altrui. Insomma, minorenni — o se si preferisce «bamboccioni» — si può essere a qualunque età. Lo è anzi chiunque fra noi eviti di pensare con la propria testa, delegando di conseguenza ad altri questa «fastidiosa occupazione».
Un ragionamento convergente con quello contenuto nel saggio kantiano si ritrova già in uno dei Dialoghi platonici più noti, anche se spesso misinterpretato. Al centro del Sofista, infatti, vi è la ricerca, condotta da due personaggi presumibilmente «giovani» (tale è se non altro con certezza Teeteto, mentre il suo interlocutore, presentato come lo Straniero, proveniente da Elea, è giovane se non altro nel senso della sua condizione di discepolo rispetto al «grande» Parmenide), impegnati a fornire una definizione della figura del sofista. L'indagine a due voci prosegue a ritmo serrato, e con esiti apparentemente soddisfacenti, fino a che i protagonisti si imbattono in una difficoltà che minaccia di compromettere radicalmente l'impresa nella quale si stanno cimentando. Per poter sostenere la conclusione alla quale sono pervenuti, e cioè che il sofista è colui che esercita l'arte di far apparire ciò che non è, essi dovrebbero implicitamente riconoscere che anche il non essere, da un certo punto di vista è, mentre l'essere, sia pure da un certo punto di vista, non è. Ma questa affermazione contraddice frontalmente un divieto, quello proveniente dal «padre» Parmenide, secondo il quale il non essere è «inesprimibile», «impronunciabile», «illogico».
La situazione nella quale si vengono a trovare Teeteto e lo Straniero appare dunque inchiodata a un'alternativa drammatica: piegarsi all'osservanza della proibizione parmenidea, con ciò tuttavia privandosi del logos, e dunque perdendo la possibilità di dire alcunché, ovvero avere il coraggio di epitíthesthai tó patrikó lógo — «dare l'attacco al discorso paterno». L'impiego di una metafora bellica non è casuale nel contesto di un dialogo in cui ritornano insistentemente termini desunti dal lessico polemologico. Serve a sottolineare quanto delicata sia la scelta che si è chiamati a compiere, quanto sia letteralmente vitale — «questione di vita o di morte», si legge nel testo platonico — la posta in gioco. È noto il compimento di questo percorso. Onde riprendere la possibilità di parlare e di pensare, i due interlocutori saranno indotti a «torturare» il padre e a «usare violenza» su di lui, giungendo al punto da sfiorare il parricidio. Per quanto temerario possa apparire questo esito, esso resta l'unica possibile via da percorrere, l'unico modo per riguadagnare il cammino, uscendo dalla mancanza di strada, dall'a-poria, dunque, in cui ci si era imbattuti. Mentre, infatti, Parmenide vorrebbe «trattarci da bambini», «raccontandoci delle favole» e «dialogando con noi con atteggiamento di sufficienza», è imperativo per noi riprenderci il logos, e assoggettare a un vaglio rigoroso le affermazioni «paterne». Dopo questa autentica svolta, improntata alla rinuncia a ogni filiale subordinazione, la ricerca che si era incagliata può riprendere, giungendo speditamente alla sua conclusione. Teeteto e lo Straniero sono diventati maggiorenni. Non subiranno più i divieti del padre «venerando e terribile». Non accetteranno di farsi trattare da bambini, né si accontenteranno di ascoltare delle favole.
Il compimento dell'intenso drama descritto da Platone ci riporta alla Risposta kantiana. Essere maggiorenni non è un dato di carattere anagrafico, né una condizione statica, nella quale si possa dire di risiedere stabilmente. È una conquista, che impegna energie morali, come il coraggio e la decisione, e risorse intellettuali. Ed è la meta, mai definitivamente raggiunta, di una lotta anzitutto con se stessi, con la viltà di chi preferisca affidarsi alla tutela altrui. E forse allora si può comprendere fino in fondo il senso dell'affermazione kantiana quando rileva, con un realismo spinto fino al disincanto, che minorenne è ancora la stragrande maggioranza degli uomini. Insomma, per quanto possa apparire paradossale, i giovani che al giorno d'oggi stanno lottando per guadagnarsi la loro autonomia sono meno bamboccioni di coloro che ripetono acriticamente le formule imposte da altri.



[i] L’autore qui si riferisce alle tre opere filosofiche fondamentali di Kant: Critica della Ragion pura (1781), Critica della Ragion pratica (1788), Critica del Giudizio (1790)

giovedì 15 novembre 2012

Materiali per la riscrittura (ottobre 2012)

Riscrivi le seguenti frasi


(Correggi la punteggiatura, l’ortografia e il lessico e riscrivi la frase modificando le parti sottolineate –ma non solo!- nella forma e nelle scelte lessicali, dividendo le frasi troppo lunghe e cercando di renderle chiare e scorrevoli)

Traccia sulla moda

Io sostengo che, la moda, non dovrebbe essere, come invece lo è al giorno d’oggi, un mezzo per mettersi in mostra, facendo a gara a chi per primo acquista l’abito più costoso, o firmato dallo stilista più al top.
(il periodo precedente costituisce l’introduzione del tema)


Spesso, chi non ritiene di avere uno stile sufficentemente appagato e si sente perciò venire a meno, rispetto al resto della popolazione, prende come punto di riferimento le sfilate di moda, cercando quindi, di imitare le modelle che sfoggiano con disinvoltura abiti, spesso e volentieri improponibili da indossare, e scarpe che assomigliano più a composizioni artistiche che a calzature in sé.


Pertanto, quello “shopping compulsivo” che negli ultimi anni è stato paragonato ad una patologia vera e propria, consiste, in realtà, in una profonda insicurezza che spinge ad un’esasperata ricerca di affermazione attraverso il fenomeno culturale della moda in cui si riconosce un mezzo per esprimere la propria personalità.


Ancora, la moda non può essere usata come mezzo per affermare il proprio carattere se quest’ultimo non si conosce bene.


Sarebbe bello vedere che ognuno è diverso dagli altri non solo per vestiario, ma anche per altro, e vedere uomini e donne vere e non un ammasso di bauletti di Louis Vuitton!


E’ necessario trovare uno stile e una personalità e scoprire se stessi.


La moda è realmente un modo per esprimere la propria personalità, o soltanto un frivolo interesse di persone superficiali?
Innanzitutto la società ruota attorno alla moda.


Ognuno di noi ha bisogno di esprimersi con la propria personalità sia che sia conformata al resto della comunità, sia che sia “alternativa”.


Ognuno di noi è libero di indossare ciò che più preferisce.


Essi si vestono come desiderano, non come vorrebbe l’ultimo stilista e tutta la parte della società che lo sostiene.


Per far si che ciò non avvenga dobbiamo perciò seguire una moda che sia personalizzata o meno.


Scelgo gli abbinamenti la sera precedente. Nonostante ciò a volte, la mattina dopo, riesco a fare tardi lo stesso; questo perché la sera potrei aver voglia di una gonna rossa, ma il giorno dopo di un  paio di jeans neri.


Avere l’armadio pieno di vestiti non è simbolo di superficialità.


La moda non è solo “un anno vanno le borchie e poi i fiori”.


Una donna con i suoi vestiti ci vive e ci convive.


Se vogliamo indicare la moda come modo di vestire o modo di essere è troppo riduttivo questo termine, non per forza devo seguire la massa, non sono obbligata a farlo.


Questo è il dilemma che assidua quotidianamente ogni donna: “E adesso che mi metto?”


Ma ammettiamolo una persona che vedi per la prima volta se vestita bene, che per me non vuol dire di firma, fa dare di sé un primo giudizio positivo, perché sapersi vestire in modo adeguato alla situazione è una cosa importante.


Perciò concludo dicendo che la moda è una cosa per tutti, e non solo per ricchi “snob”, e che è un modo almeno per me di sentirmi a mio agio con la società in cui vivo.


Traccia sui giovani

Dicono infatti che parecchi giovani italiani in tempo di crisi né studiano e né lavorano.


I giovani sono il futuro ed è giusto che ad essi vengano aperte più strade per potersi stabilire una volta per tutte.


Sicuramente, anche io sono contraria alle parole del ministro e appoggio i giovani che aspettano il lavoro desiderato.


Al contrario c’è chi sostiene che fare piccoli stage lavorativi, vada ad aumentare la propria esperienza.

giovedì 18 ottobre 2012

Rifiuti - Materiali per la riscrittura

La raccolta differenziata: osservazioni e proposte

Connettivi

Da quanto tempo pratico la raccolta differenziata? Da un bel po’ direi, ormai è diventata un’azione quotidiana; non ho ricordi di quando non la praticavo…



Punteggiatura

Una città sporca se pur storicamente importante, mai ti soddisferà quanto una moderna e pulita.

Per incoraggiare la gente a non buttare le bottiglie di plastica per terra, il comune dove risiedevo, ha attuato una semplice norma. Ciò consiste nel consegnare una bottiglia vuota con il rispettivo tappo, ricevendo così in cambio un buono sconto da poter successivamente utilizzare per un altro acquisto.

Questo comporta una perdita nel riciclaggio, dato che tutti quei rifiuti che potrebbero benissimo avere nuova vita, finiscono nell’inceneritore.


Pleonasmo

Anche in Italia si stanno costruendo delle strutture all’avanguardia come per esempio la costruzione di un impianto per la trasformazione del rifiuto in combustibile.



Ortografia

Un’aiuto
Quest’ultime
10 anni


Espressioni infelici

Basterebbe stare più attenti quando buttiamo la spazzatura o le cartacce quando siamo fuori casa, che molto spesso vengono gettate dal finestrino o per terra.

Certamente, a causa della crisi, non tutti riescono a sostenere gli elevati costi di quest’ultima (si intende della raccolta differenziata).

Questo tuttavia, non è vero: infatti, solo differenziando è possibile ridurre la produzione di rifiuti e trasformarli nella maniera più utile e meno pericolosa, risparmiando non soltanto sulle materie prime, sull’energia necessaria a procurarlo e a sostenere il processo produttivo e sui trasporti, ma anche sulla quantità di rifiuti prodotti

Il fatto di dover raccogliere tutti i rifiuti in un unico sacco mi creava un leggero malessere, come quando si dice una bugia, la sensazione era quella.

Io ogni volta stavo davanti al cestino minuti interi pensando al perché dovevo ragionare su dove buttare il fazzoletto, o la buccia di banana; e spesso mi capitava di sbagliare cestino.

Leggendo mi ha sorpreso molto che già in molti paesi si stanno prendendo in considerazione inceneritori a emissioni zero.

Il ritardo delle regioni del sud è enorme ma cambiando la mentalità a tutti si potrà arrivare ad una soluzione.



Scelte lessicali

Anche dividere la spazzatura diventa tempo sprecato.  (si sta sostenendo invece che la raccolta differenziata è necessaria)

La raccolta differenziata oggi è un dovere o un obbligo?

Non riuscivo a capire quale particolare mi sfuggisse rispetto all’odierna realtà.

Parlando con una mia cara amica, abitante a Roma, mi sono stupita di una cosa che, fino a quel momento, invece, davo per scontato.

Soltanto in questo modo il problema dei rifiuti si può estinguere non solo momentaneamente, ma anche negli anni successivi.

Negli ultimi anni anche in Italia i cittadini svolgono l’impegno della raccolta differenziata.

Bisogna far capire alla gente, esponendole davanti la realtà, che le cose che facciamo non servono a complicarci la vita.



venerdì 28 settembre 2012

Il rifiuto del termovalorizzatore

Di che cosa parliamo quando parliamo di raccolta differenziata?
Un saggio schiarisce la mente per evitare crociate ideologiche

.Il rifiuto del termovalorizzatore
di Antonio Pascale

Corriere della Sera – La Lettura 16 settembre 2012

Non ricordo più da quanto tempo pratico la raccolta differenziata. Da prima che diventasse una procedura standard. Niente superiorità morale. Tutt’altro. Solo un’ossessione infantile verso i materiali. Comunque, fatto sta che pratico questa benedetta raccolta differenziata, e dunque, per il comune immaginario politico italiano, sono considerato di sinistra. Poi però siccome non sapevo niente della raccolta differenziata porta a porta, mi sono reso conto che c’era una sfumatura non da poco: la raccolta differenziata è sì di area Pd, ma quella porta a porta è appoggiata dalle parti di Rifondazione. Va bene, accettata la sfumatura.
Un giorno capita che vado a Vienna e rimango incuriosito dal termovalorizzatore, è quasi al centro della città. Ma anche a Bruxelles noto che il circolo canottieri (non perché pratichi il canottaggio, ero lì per caso) è situato proprio sulla riva che fronteggia, appunto, il termovalorizzatore. Stessa cosa a Parigi, termovalorizzatore a quattro fermate dagli Champs Elysées. Metti poi il fatto che a Brescia 35 mila misurazioni in continuo di sensori monitorizzano tutto il processo industriale di termovalorizzazione — in una comune raffineria di petrolio le misurazioni non raggiungono i 10 mila parametri. Insomma, un giorno, siccome a Napoli c’era la crisi dei rifiuti in massima ascesa — alte pile che venivano due volte a settimana bruciate in maniera amatoriale — durante il dibattito, forte delle cose viste, pronuncio la parola «inceneritore». E assisto alla trasformazione in diretta del pubblico: ora non sono più di sinistra, né Pd né Rifondazione, perché tutti mi guardano come se fossi uno di destra che flirta cinicamente con la diossina. Mi ributto, per difendermi, sulla differenziata e scopro, seduta stante, che pure questa procedura è out, la soluzione è rifiuti zero.
Mi sa che più dei rifiuti a inquinare sono le nostre opinioni, perché spesso sono espresse senza cognizione di causa. Per questo sono utili i libri scritti dai tecnici, spiegano come funzionano le cose: in fondo, le patologie di un sistema nascono dalla nostra ignoranza per la fisiologia del sistema stesso. E allora, Rifiuti, di Gabriella Corona e Daniele Fortini (edizione XL). Daniele Fortini è un tecnico, con un vasto curriculum. Intervistato da Gabriella Corona (che gli fa le pulci) cerca di farci capire di che parliamo quando parliamo di rifiuti. Ne viene fuori un libro illuminante, completo e chiaro. Complete e chiare e soprattutto laiche sono le dinamiche di ragionamento di Fortini, che possono essere così sintetizzate. Le soluzioni uniche sono pericolose, non esistono solo inceneritori o discariche o rifiuti zero. Più strumenti maneggiamo e con più efficienza (e con meno costi) affrontiamo i problemi. Quindi, meglio un progetto su misura che uno imposto dall’alto.
Le comparazioni, poi, sono indispensabili per valutare l’utilità di un tecnologia. Rispetto a cosa una tecnologia può dirsi o non dirsi sostenibile? Per esempio, a proposito di incenerimento e scorie. Qual è oggi la maggior fonte di inquinamento ambientale, quella che causa danni seri e accertati? Il traffico automobilistico. Sì, questo lo sapevo. Ma non ero a conoscenza che la seconda causa di inquinamento atmosferico in Italia sono le piccole caldaie individuali (dati Eurostat 2008) e che a Firenze 150 mila caldaie domestiche inquinano più di 100 termovalorizzatori di media portata. Non sapevo nemmeno che nel Capodanno del 2005 (dati Cewp, Confederation of European Wasp to Energy Plant) i fuochi d’artificio esplosi nella sola città di Napoli hanno rilasciato una quantità di diossina pari a quella prodotta in un anno da 120 impianti di termovalorizzatori — non so se la prossima mossa di Grillo sarà quella di avviare una campagna contro i fuochi pirotecnici, il trasporto privato e le caldaie, ma dubito che avrebbe successo.
E la raccolta differenziata? Si deve fare? Sì! Conviene sempre? Dipende, perché costa. Quanto costa? Mediamente in Italia 64 euro/ton, a Napoli 90 euro/ton, poco più che a Roma o a Milano. La raccolta porta a porta costa quasi l’80 per cento in più che nelle medie cittadine del Nord Italia. Quindi se a Napoli si volessero servire 1 milione di cittadini porta a porta (60 per cento raccolta differenziata su scala cittadina), si dovrebbero impiegare un numero di addetti al servizio più elevato di quello necessario alla raccolta stradale. Dai 1.900 addetti alla raccolta stradale si dovrebbe passare a 3 mila, con un costo diretto del lavoro di circa 110 milioni di euro. Tenendo conto che questo tipo di costo incide per il 60 per cento sui bilanci delle imprese, in tutto servirebbero non meno di 180 milioni di euro. È una cifra fuori scala? No, ma è un costo impegnativo da sostenere, una famiglia operaia di 4 persone dovrebbe spendere mille euro all’anno di spazzatura. Tuttavia, sottolinea Fortini, a prescindere dal ritardo delle regioni meridionali, la nostra capacità di praticare la raccolta differenziata è in linea con le percentuali già ottenute nei Paesi europei. Quello che manca è invece la dotazione impiantistica necessaria a minimizzare sia i costi sia l’uso delle discariche. Il fatto è che dovremmo raggiungere il 50 per cento di rifiuti riciclati e consegnare in discarica il 5 per cento.
Dunque? Dunque, è necessario integrare gli strumenti, non lottare per escludere uno a danno di un altro — è purtroppo un problema italiano, costruire antagonismi (o questo o quell’altro) in base a credenze e non prendersi la pena di verificare con comparazioni e analisi i dati a disposizione. I termovalorizzatori non sono antagonisti del riciclaggio. Dovunque, nel mondo, chi ricicla ha una larga disponibilità di impianti di trattamento termico. E laddove ci sono buoni livelli di riciclo e disponibilità di termovalorizzatori, sono le discariche ad alleggerirsi. Purtroppo abbiamo questa tendenza: se c’è un problema — i rifiuti lo sono — lo neghiamo e proponiamo una soluzione magica: rifiuti zero. Appunto: zero? Zero è difficile, di sicuro meno, ma per farlo bisogna riconvertire tutto il sistema industriale, cioè, ancora, nuove tecnologie e investimento e impianti e cultura industriale, perché, in ultima analisi, il vero biologico (in senso lato) è tecnologico.

Materiali per la riscrittura

Leggere è una perdita di tempo

Connettivi

  1. pronomi
  2. ripetizione di parola chiave
  3. uso di un’espressione che sintetizza l’idea del paragrafo precedente
  4. espressioni di transizione (congiunzioni, legami logici –in altri termini, d’altra parte, in breve, in seguito, alla fine, in aggiunta, allo stesso modo-)

Con queste letture ho ampliato le mie conoscenze, ritengo siano libri di alto livello culturale.

La maggior parte degli italiani non è disposta a perder tempo per leggere. Molti dei libri che ci vengono regalati servono solo per riempire gli scaffali.

Le uniche cose che leggo sono le istruzioni degli apparecchi elettronici. I pochi libri che ho in casa, mi sono stati regalati.

Non sono mai riuscita a finire quel libro, è stata davvero una lettura pesante, penso di aver letto al massimo quattro o cinque facciate.

E’ diffuso l’impiego di un linguaggio ricercato persino nei cartoni animati per i bambini più piccoli! Attraverso un apprendimento passivo, si acquisiscono nozioni senza neanche accorgersene.

Ordine

Sono testi impegnativi e non di facile comprensione

Oggi si preferisce guardare un film anziché sfogliare le pagine di un libro, per ore ed ore.

Leggere non serve nella vita, non ci fa avere un lavoro, o non ci aiuta nella vita di tutti i giorni

Mi ha sorpreso molto, inoltre, l’opinione dell’ormai prossimo al diploma Andrea.

Punteggiatura

Le informazioni che suscitano interesse, si possono conoscere…
Si rifletta sul fatto che in quel tempo sprecato ad annoiarsi, si potrebbero fare molte altre cose.
Visto e considerato, che l’unico cibo, che nutre la mente è la buona musica.
Essi per primi, non sentono la necessità di leggere.

Essi non contribuiscono al nostro futuro, infatti nel lavoro non dà alcun vantaggio aver letto molti libri.
La stessa cosa vale per qualsiasi essere umano, infatti se confrontiamo …


Pleonasmo

E’ vero anche che la carta è possibile riciclarla.
Nella nostra società moderna


Uso dei modi

In questo modo si impiega molto meno tempo, potendosi dedicare ad altre attività.


Ortografia

Praticare dello sano sport
conoscienze
ne oggi ne ieri
qualcun’altro

Espressioni infelici

Secondo la mia opinione, se pur modesta,
secondo il mio parere

questo perché

Scelte lessicali
Dovremmo dedicare il nostro tempo alla maggiore conoscenza dei nuovi strumenti informatici.

Da tempo le opinioni sul leggere sono discordanti.
Nel parlato si fa spesso uso di citazioni
Dubito che la letteratura sia adatta all’imparare.

Sarebbe utile anche per il sistema scolastico eliminare l’utilizzo del materiale cartaceo.

Una volta tornati dal lavoro, desiderano dirigersi subito verso il divano.



Tipi di introduzione

  1. introduzione-sintesi
  2. introduzione con aneddoto
  3. introduzione con brevi affermazioni
  4. introduzione-citazione
  5. introduzione-domanda
  6. introduzione-analogia

Conclusione

Concludo dicendo