venerdì 25 ottobre 2019

Promessi Sposi: Incipit del I capitolo (confronto tra la I e la III redazione)


Incipit del I capitolo
Confronto tra la I e la III redazione


Fermo e Lucia (1823)
I Promessi Sposi (1840)

Quel ramo del lago di Como d'onde esce l'Adda e che giace fra due catene non interrotte di monti da settentrione a mezzogiorno, dopo aver formati varj seni e per così dire piccioli golfi d'ineguale grandezza, si viene tutto ad un tratto a ristringere; ivi il fluttuamento delle onde si cangia in un corso diretto e continuato di modo che dalla riva si può per dir così segnare il punto dove il lago divien fiume.

Quel ramo del lago di Como, che volge a mezzogiorno, tra due catene non interrotte di monti, tutto a seni e a golfi, a seconda dello sporgere e del rientrare di quelli, vien, quasi a un tratto, a ristringersi, e a prender corso e figura di fiume, tra un promontorio a destra, e un’ampia costiera dall’altra parte;
Il ponte che in quel luogo congiunge le due rive, rende ancor più sensibile all'occhio ed all'orecchio questa trasformazione: poiché gli argini perpendicolari che lo fiancheggiano non lasciano venir le onde a battere sulla riva ma le avviano rapide sotto gli archi; e presso quegli argini uno può quasi sentire il doppio e diverso romore dell'acqua, la quale qui viene a rompersi in piccioli cavalloni sull'arena, e a pochi passi tagliata dalle pile di macigno scorre sotto gli archi con uno strepito per così dire fluviale. Dalla parte che guarda a settentrione e che a quel punto si può chiamare la riva destra dell’Adda, il ponte posa sopra un argine addossato alla estrema falda del Monte di San Michele, il quale si bagnerebbe nel fiume se l’argine non vi fosse frapposto. Ma dall’opposto lato il ponte è appoggiato al lembo di una riviera che scende verso il lago con un molle pendio, sul quale per lungo tratto il passaggero può quasi credere di scorrere una perfetta pianura.

e il ponte, che ivi congiunge le due rive, par che renda ancor più sensibile all’occhio questa trasformazione, e segni il punto in cui il lago cessa, e l’Adda rincomincia, per ripigliar poi nome di lago dove le rive, allontanandosi di nuovo, lascian l’acqua distendersi e rallentarsi in nuovi golfi e in nuovi seni.
Questa riviera è manifestamente formata da tre grossi torrenti i quali spingendo la ghiaja, i ciottoli, e i massi rotolanti dal monte, hanno a poco a poco spinte le rive avanti nel lago, ed erano abbastanza vicini perché le ghiaje gettate da essi a destra e a sinistra abbiano potuto col tempo toccarsi e formare un terreno sodo. Allora hanno cominciato a correre in un letto alquanto più regolare, poiché questi stessi depositi hanno loro servito d’argine, e il successivo loro impicciolimento cagionato dall’abbassamento dei monti, dal diboscamento, e dalla dispersione delle acque gli ha rinchiusi in un letto più angusto. Così il terreno che li divide ha potuto essere abitato e coltivato dagli uomini.

La costiera, formata dal deposito di tre grossi torrenti, scende appoggiata a due monti contigui, l’uno detto di san Martino, l’altro, con voce lombarda, il Resegone, dai molti suoi cocuzzoli in fila, che in vero lo fanno somigliare a una sega: talchè non è chi, al primo vederlo, purchè sia di fronte, come per esempio di su le mura di Milano che guardano a settentrione, non lo discerna tosto, a un tal contrassegno, in quella lunga e vasta giogaia, dagli altri monti di nome più oscuro e di forma più comune. Per un buon pezzo, la costa sale con un pendìo lento e continuo; poi si rompe in poggi e in valloncelli, in erte e in ispianate, secondo l’ossatura de’ due monti, e il lavoro dell’acque.
Il lembo della riviera che viene a morire nel lago è di nuda e grossa arena presso ai torrenti, e uliginoso negli intervalli, ma appena appena dove il terreno s’alza al disopra delle escrescenze del lago e del traripamento della foce dei torrenti, ivi tutto è prati campagne e vigneti, e questo tratto d’ineguale lunghezza è in alcuni luoghi forse d’un miglio. Dove il pendio diventa più ripido son più frequenti, e assai più lo erano per lo passato, gli ulivi; al disopra di questi e sulle falde antiche dei monti cominciano le selve di castagni, e al di sopra di queste sorgono le ultime creste dei monti in parte nudo e bruno macigno in parte rivestite di pascoli verdissimi, in parte coperte di carpini, di faggi, e di qualche abete. Fra questi alberi crescono pure varie specie di sorbi, e di dafani, il cameceraso, il rododendro ferrugigno, ed altre piante montane le quali rallegrano e sorprendono il cittadino dilettante di giardini che per la prima volta le vede in quei boschi, e che non avendole incontrate che negli orti e nei giardini è avvezzo a considerarle colla fantasia come quasi un prodotto della coltura artificiale piuttosto che una spontanea creazione della natura. Dove però la mano dell’uomo ha potuto portare una più fruttifera coltivazione fino presso alle vette, non ha lasciato di farlo, e si vedono di tratto in tratto dei piccioli vigneti posti su un rapido pendio, e che terminano col nudo sasso del comignolo. La riviera è tutta sparsa di case e di villaggi: altri alla riva del lago, anzi nel lago stesso quando le sue acque s’innalzano per le piogge, altri sui varj punti del pendio, fino al punto dove la montagna è nuda, perpendicolare, ed inabitabile.

Il lembo estremo, tagliato dalle foci de’ torrenti, è quasi tutto ghiaia e ciottoloni; il resto, campi e vigne, sparse di terre, di ville, di casali; in qualche parte boschi, che si prolungano su per la montagna.
Lecco è la principale di queste terre e dà il nome alla riviera: un grosso borgo a questi tempi, e che altre volte aveva l’onore di essere un discretamente forte castello, onore al quale andava unito il piacere di avervi una stabile guarnigione, ed un comandante, che all’epoca in cui accade la storia che siamo per narrare era spagnuolo.
Lecco, la principale di quelle terre, e che dà nome al territorio, giace poco discosto dal ponte, alla riva del lago, anzi viene in parte a trovarsi nel lago stesso, quando questo ingrossa: un gran borgo al giorno d’oggi, e che s’incammina a diventar città. Ai tempi in cui accaddero i fatti che prendiamo a raccontare, quel borgo, già considerabile, era anche un castello, e aveva perciò l’onore d’alloggiare un comandante, e il vantaggio di possedere una stabile guarnigione di soldati spagnoli, che insegnavan la modestia alle fanciulle e alle donne del paese, accarezzavan di tempo in tempo le spalle a qualche marito, a qualche padre; e, sul finir dell’estate, non mancavan mai di spandersi nelle vigne, per diradar l’uve, e alleggerire a’ contadini le fatiche della vendemmia.

Dall’una all’altra di queste terre, dalle montagne al lago, da una montagna all’altra corrono molte stradicciuole ora erte, ora dolcemente pendenti, ora piane, chiuse per lo più da muri fatti di grossi ciottoloni, e coperti qua e là di antiche edere le quali, dopo aver colle barbe divorato il cemento, ficcano le barbe stesse fra un sasso e l’altro, e servono esse di cemento al muro che tutto nascondono. Di tempo in tempo invece di muri passano le anguste strade fra siepi nelle quali al pruno e al biancospino s’intreccia di tratto in tratto il melagrano, il gelsomino, il lilac e il filadelfo. Una di queste strade percorre tutta la riviera ora abbassandosi, ora tirando più verso il monte, ora in mezzo alle vigne, ed ora sulla linea che divide i colti dalle selve. Questa strada è talvolta seppellita fra due muri che superano la testa del passaggero, dimodoché egli non vede altro che il cielo e le vette dei monti:

Dall’una all’altra di quelle terre, dall’alture alla riva, da un poggio all’altro, correvano, e corrono tuttavia, strade e stradette, più o men ripide, o piane; ogni tanto affondate, sepolte tra due muri, donde, alzando lo sguardo, non iscoprite che un pezzo di cielo e qualche vetta di monte; ogni tanto elevate su terrapieni aperti:
ma spesso lascia un libero campo alla vista la quale quasi ad ogni passo scopre nuovi ampi e bellissimi prospetti. Poiché guardando verso settentrione tu vedi il lago chiuso nei monti, che sporgono innanzi e rientrano, e formano ad ogni tratto seni, o ameni o tetri, finché la vista si perde in uno sfondo azzurro di acque e di montagne; verso mezzogiorno vedi l’Adda che appena uscita dagli archi del ponte torna a pigliar figura di lago, e poi si ristringe ancora e scorre come fiume dove il letto è occupato da banchi di sabbia portati da torrenti, che formano come tanti istmi: dimodoché l’acqua si vede prolungarsi fino all’orizzonte come una larga e lucida spira. Sul capo hai i massi nudi e giganteschi, e le foreste, e guardando sotto di te, e in faccia, vedi il lungo pendio distinto dalle varie colture, che sembrano strisce di varj verdi, il ponte ed un breve tratto di fiume fra due larghi e limpidi stagni, e poscia risalendo collo sguardo lo arresti sul Monte Barro che ti sorge in faccia, e chiude il lago dall’altra parte. Ma non termina quel monte la vista da ogni parte, poiché di promontorio in promontorio declina fino ad una valle che lo separa dal monte vicino; e come in alcune parti la stradetta si eleva al disopra del livello di questa valle, da quei punti il tuo occhio segue fra i due monti che hai in prospetto un’apertura che dalla valle ti lascia travedere qualche parte dell’amenissimo piano che è posto al mezzogiorno del Monte Barro. La giacitura della riviera, i contorni, e le viste lontane, tutto concorre a renderlo un paese che chiamerei uno dei più belli del mondo, se avendovi passata una gran parte della infanzia e della puerizia, e le vacanze autunnali della prima giovinezza, non riflettessi che è impossibile dare un giudizio spassionato dei paesi a cui sono associate le memorie di quegli anni.

e da qui la vista spazia per prospetti più o meno estesi, ma ricchi sempre e sempre qualcosa nuovi, secondo che i diversi punti piglian più o meno della vasta scena circostante, e secondo che questa o quella parte campeggia o si scorcia, spunta o sparisce a vicenda. Dove un pezzo, dove un altro, dove una lunga distesa di quel vasto e variato specchio dell’acqua; di qua lago, chiuso all’estremità o piuttosto smarrito in un gruppo, in un andirivieni di montagne, e di mano in mano più allargato tra altri monti che si spiegano, a uno a uno, allo sguardo, e che l’acqua riflette capovolti, co’ paesetti posti sulle rive; di là braccio di fiume, poi lago, poi fiume ancora, che va a perdersi in lucido serpeggiamento pur tra’ monti che l’accompagnano, degradando via via, e perdendosi quasi anch’essi nell’orizzonte. Il luogo stesso da dove contemplate que’ vari spettacoli, vi fa spettacolo da ogni parte: il monte di cui passeggiate le falde, vi svolge, al di sopra, d’intorno, le sue cime e le balze, distinte, rilevate, mutabili quasi a ogni passo, aprendosi e contornandosi in gioghi ciò che v’era sembrato prima un sol giogo, e comparendo in vetta ciò che poco innanzi vi si rappresentava sulla costa: e l’ameno, il domestico di quelle falde tempera gradevolmente il selvaggio, e orna vie più il magnifico dell’altre vedute.





mercoledì 16 ottobre 2019

Fubini - Chi pensa ai giovani?


Chi pensa ai giovani?
C’è sempre uno scarto fra ciò che servirebbe a un Paese per usare al meglio le proprie risorse e ciò che serve ai partiti che lo governano, o ai loro elettori. Non succede solo in Italia: è l’essenza della democrazia che le decisioni non riflettano una razionalità astratta. Coloro che preferiscono quest’ultima — il governo degli esperti — nei sondaggi di solito sono gli stessi che poi si dichiarano a favore dell’uomo forte. Fra quest’ultimo e una manovra finanziaria imperfetta, sempre meglio la seconda. Ora però che la legge di Bilancio rosso-gialla è atterrata a Bruxelles, proviamo un esperimento: come sarebbe stato questo pacchetto in assenza di gravità politica? Cosa avrebbe deciso con i cinque miliardi a disposizione un tiranno illuminato, per perseguire l’interesse collettivo e di lungo termine degli italiani? Perché di questo si tratta: assolti gli impegni urgenti dello Stato e bloccato l’aumento dell’Iva, restava da allocare una somma pari a un trecentesimo del reddito del Paese. Non un euro di più. Qualche dato rimasto un po’ in ombra aiuta a capire come si potrebbe fare una differenza con una somma tanto piccola: negli ultimi quattro anni (2015-2018), l’Italia è cresciuta quanto la Germania e più della Francia se si guarda al reddito per abitante.
Se invece si prende come metro di misura l’intera economia, l’Italia è rimasta indietro: cresciuta poco più di metà della Germania, molto meno della Francia. In altri termini le persone che restano nel Paese vivono in media un’esperienza di sviluppo più o meno normale per l’Europa. Il problema è che sempre meno persone restano in Italia e chi lascia porta via con sé conoscenze, produttività, domanda di case da abitare o di alimenti da consumare. Negli ultimi nove anni un milione di persone ha preso la porta d’uscita, secondo l’Istat, ma per motivi amministrativi questa è una cifra errata per difetto: sono di più. Proprio qui, nella perdita di un’umanità giovane e dinamica, si trova una grande causa della stagnazione del Paese e dunque anche parte dell’antidoto per spezzare sortilegio.
Bene, un governo degli esperti forse avrebbe concentrato le sue poche risorse per tamponare questa falla: detassare molto il solo lavoro giovanile e femminile, incoraggiare di più le aziende a crescere in dimensioni e tecnologia. Non spruzzare a pioggia minuscoli benefici. Naturalmente quello in carica non è un governo degli esperti, a stento lo è degli eletti. I quattro partiti della maggioranza hanno piena legittimità costituzionale, ovvio, ma non avevano mai chiesto il voto per allearsi e in certi casi si detestano cordialmente. Sanno che molti italiani li sospettano di essersi messi insieme solo per conservare il posto in parlamento e non essere travolti dalla Lega. Dunque M5S, Pd, Leu e persino Italia viva di Matteo Renzi — l’ultima creatura — avvertono su di loro l’enorme pressione psicologica di dare subito qualcosa al maggior numero di elettori possibile. Hanno fretta di dimostrare che nella loro operazione c’è un dividendo anche per i governati, non solo per i governanti.
Il risultato è un bilancio senza una lettura del Paese. La riduzione delle tasse sul lavoro per dieci milioni di persone per ora è di dimensioni quasi impalpabili e lascia il sospetto che gli imprenditori l’abbiano reclamata tanto, in realtà, per non dover essere loro a aumentare i salari. Va detto però che di buono questa manovra ha sicuramente qualcosa: un nuovo inizio nella lotta all’evasione, sacrosanto, benché destinato a porre domande scomode sul diritto alla privacy e a complicare ulteriormente il rapporto delle imprese con l’amministrazione; positivo è anche l’inizio di una scrematura nell’accesso ai benefici fiscali: che un manager da 250 mila euro di reddito l’anno possa scaricare sul debito pubblico parte del suo abbonamento in palestra è un’assurdità tutta italiana. Se però questa stagione di bilancio porta un grande segno meno, è proprio nel rapporto squilibrato fra generazioni. M5S è molto più votato dai giovani eppure, schierato a difesa delle pensioni precoci a «quota 100», ha privilegiato le fasce d’età medio-alta a spese dei suoi stessi elettori. Qui il Movimento sconta l’ambiguità della sua transizione dal patto con la Lega a quello con il Pd e Matteo Renzi. Quanto al Pd, è tornato a coinvolgere i sindacati, com’è naturale; ma questi sono da tempo dominati da lavoratori anziani e pensionati che reclamano già (entro aprile!) l’opposto di ciò che serve al Paese e ai suoi giovani: il disegno di una controriforma strutturale della legge Fornero.
Si oppone a tutto ciò solo Italia viva, però senza vedere la propria contraddizione. La modernizzazione di cui Renzi si fa portabandiera richiede scelte nette: è incompatibile con i compromessi tipici del sistema proporzionale, che pure si intravede come presupposto per la nascita del suo partito. L’esistenza stessa di Italia viva si giustifica con il potere di veto che può avere in una coalizione composita, mentre il programma di Italia viva è da maggioritario puro. Del resto tutta questa Legge di bilancio dà un’anteprima di come dietro il proporzionale sia sempre in agguato il piccolo cabotaggio. La buona notizia è che il crollo degli interessi sul debito e la lotta all’evasione potrebbero liberare molte risorse nei prossimi anni. Sarà il momento per questo governo di mostrare una sua visione della società. Se ne ha una. E, naturalmente, se ai prossimi anni ci arriva.
Federico Fubini (Corriere della Sera, 16 ottobre 2019)


mercoledì 2 ottobre 2019

Esercizio di riscrittura (2AG)


Riscrivi le seguenti frasi


(Correggi la punteggiatura, l’ortografia e il lessico e riscrivi la frase modificando le parti sottolineate –ma non solo!- nella forma e nelle scelte lessicali, dividendo le frasi troppo lunghe e cercando di renderle chiare e scorrevoli)



Questo quadro mi trasmette profonde emozioni, infatti in esso riesco a trovare tutta me stessa.
(punteggiatura)


Un uomo si staglia su un grandioso precipizio, codesto è di spalle.
(uso del pronome; punteggiatura)


Io credo che lui sia come me un grande sognatore, che ami la solitudine e la tranquillità le quali gli permettono di riflettere.
(uso dei pronomi; connettivi)


Spesso non viene considerato un altro campo: il cinema. Questo trasmette un forte impatto emotivo sulle persone e un film, in fin dei conti, serve per trasmettere determinati elementi suggestivi.
(sintesi; uso del pronome)


Personalmente lo consideravo un brutto film, ma dopo averlo visto più volte ho riconosciuto in quest’opera d’arte una profondità davvero affascinante.
(connettivo)


Questo lato di me l’ho riconosciuto guardando il cielo di quest’opera.
(pleonasmo)


Si può vedere un ragazzino che anche se molto giovane, è ricco di coraggio.
(punteggiatura, lessico)


Il Discobolo rappresenta un’atleta che sta per lanciare il disco.
(ortografia)


Questi eventi sono stati raccontati con toni propagandistici, come ad esempio è accaduto durante le 2 guerre mondiali dove attraverso filmati gestiti dai regimi è stata raccontata una versione distorta e non veritiera degli eventi.
(semplificare; lessico, ortografia)



Dovremmo far si che queste tragedie non si ripetano in futuro.
(ortografia)


Per la sua fama, infatti la 500 quest’anno è stata dichiarata un’opera d’arte.
(punteggiatura)