venerdì 21 settembre 2018

Maupassant, Due amici


Guy de Maupassant


DUE AMICI

Parigi era bloccata, affamata, agonizzante. Sui tetti i passeri eran sempre più rari, le fogne si spopolavano. Si mangiava qualsiasi cosa1.
In un chiaro mattino di gennaio, mentre camminava tristemente lungo il boulevard2 esterno, le mani nelle tasche dei pantaloni della sua uniforme e la pancia vuota, il signor Morissot, orologiaio di professione e uomo pacifico a tempo perso, si fermò di colpo davanti a un collega ed amico. Era il signor Sauvage, una conoscenza fatta andando a pescare.
Prima della guerra, ogni domenica Morissot partiva all'alba, con una canna di bambù in mano e una cassetta di latta sulla schiena. Saliva sul treno di Argenteuil, discendeva a Colombes, poi arrivava a piedi all'isola Marante. Appena giunto nel luogo dei suoi sogni, si metteva a pescare; e pescava fino a notte.
Là ogni domenica incontrava un uomo grassottello e allegro, il signor Sauvage, merciaio in via Nótre Dame de Lorette, anche lui fanatico pescatore. Trascorrevano spesso una mezza giornata l'uno accanto all'altro, con la lenza in mano, i piedi penzoloni sulla corrente; e avevano stretto amicizia. Certi giorni, non dicevano una parola. Qualche volta chiacchieravano; ma si capivano a meraviglia anche senza dir nulla, perché c'era tra loro una perfetta affinità di gusti e identità di sensazioni.
Nelle mattine di primavera, verso le dieci, quando il sole ringiovanito faceva ondeggiare sul fiume tranquillo quella nebbiolina che scorre con l'acqua, rovesciava sulla schiena dei due pescatori accaniti un buon calore di stagione novella, Morissot diceva qualche volta al suo vicino: «Ehi, che bellezza!»
E il signor Sauvage rispondeva: «Per me non c'è niente di meglio». Questo bastava per capirsi e stimarsi.
In autunno, al tramonto, quando il cielo si tingeva di rosso sangue e proiettava nell'acqua sagome di nubi rossastre, imporporava tutto il fiume, accendeva l'orizzonte, gettava riflessi rossi di fuoco sui due amici, e indorava gli alberi già fulvi e frementi d'un brivido invernale, il signor Sauvage sorridente guardava Morissot e diceva: «Che spettacolo!»
E Morissot incantato rispondeva, senza staccare gli occhi dalla sua lenza: «E’ meglio del Boulevard, non è vero?»
Ora, appena si riconobbero, si strinsero calorosamente la mano, commossi di trovarsi in circostanze così diverse. Il signor Sauvage con un gran sospiro esclamò: «Ne sono successe di cose».
Morissot, tutto malinconico, si lamentò: «E che tempo! E’ questo il primo bel giorno dell'anno.»
Infatti il cielo era tutto azzurro e luminoso. Presero a camminare fianco a fianco, tristi e pensosi. Morissot riprese: «E la pesca? Eh! Che bel ricordo!»
«Quando mai ci torneremo?» domandò il signor Sauvage.
Entrarono in un caffè e bevvero insieme un assenzio3; poi ripresero a camminare sul marciapiede. Morissot si fermò a un tratto: «Un altro bicchiere, eh?» Il signor Sauvage annuì. «A vostra disposizione» disse.
Ed entrarono in un altro negozio di vini. Uscendo di là, erano parecchio intontiti, turbati, come chi a digiuno si riempie lo stomaco d'alcool.
Era bello. Una brezza carezzevole solleticava loro il viso. L'aria tiepida finì di ubriacare il signor Sauvage, il quale si fermò sui due piedi e disse: «Se ci andassimo?»
«Dove?»
«Diamine, alla pesca.»
«Ma dove?»
«Eh, alla nostra isola. Gli avamposti francesi sono presso Colombes. Io conosco il colonnello Dumoulin; ci lascerà passare facilmente.»
Morissot fremette di desiderio: «Ma sì. Io ci sto.» E si separarono per andare a prendere i loro arnesi.
Un'ora dopo, camminavano fianco a fianco lungo la strada maestra. Raggiunsero presto la villa occupata dal colonnello. Egli sorrise alla loro richiesta e accondiscese a quel capriccio. Si rimisero quindi in cammino, provvisti d'un salvacondotto4. In breve oltrepassarono gli avamposti, attraversarono Colombes deserta, e si trovarono sul margine dei filari di vigne che discendono verso la Senna. Erano circa le undici.
Di fronte, il villaggio d'Argenteuil sembrava morto. Le alture d’Orgemont e di Sannois dominavano tutto il paese. La grande pianura che si stende fino a Nanterre era deserta, completamente deserta, con i suoi ciliegi spogli e la terra grigia. Il signor Sauvage, additando le cime, mormorò: «I Prussiani sono lassù!» E l'inquietudine paralizzava i due amici davanti a quel paesaggio deserto.
I Prussiani!
Essi non ne avevano mai visti, ma avvertivano da mesi la loro presenza intorno a Parigi: mandavano in rovina la Francia, saccheggiavano, massacravano, affamavano; invisibili e onnipotenti. E una specie di terrore superstizioso si aggiungeva all'odio che nutrivano per quel popolo sconosciuto e vincitore. Morissot balbettò: «Eh! Se dovessimo incontrarli?»
II signor Sauvage rispose con quella arguzia5 parigina che, malgrado tutto, fa sempre capolino: «Potremmo offrir loro una buona frittura di pesce.»
Ma esitavano ad avventurarsi nella campagna, intimiditi dal silenzio che regnava su tutto. Finalmente il signor Sauvage si decise: «Su, avanti! Ma con precauzione.» E discesero in un vigneto, carponi, piano piano strisciando, nascondendosi dietro i cespugli, con l'occhio inquieto, l'orecchio teso.
Non restava da attraversare che un pezzo di terra allo scoperto per giungere in riva al fiume. Si misero a correre; e, appena raggiunsero l'argine, si accovacciarono tra le canne secche. Morissot incollò la guancia per terra per ascoltare se qualcuno camminava nei paraggi. Non udì nulla, erano proprio soli, del tutto soli. Si fecero animo e cominciarono a pescare.
Di fronte l'isola Marante, deserta, li nascondeva all'altra riva. La casetta del ristorante era chiusa, pareva abbandonata da anni. Il signor Sauvage prese il primo ghiozzo6, Morissot il secondo; e a ogni momento sollevavano le loro lenze con una bestiolina argentea guizzante in fondo al filo: una vera pesca miracolosa.
Introducevano delicatamente i pesci in una bisaccia a rete dalle maglie strettissime immersa nell'acqua ai loro piedi. E li invadeva una gioia deliziosa, quella gioia che si prova nel gustare un piacere amato di cui si è privi da tanto tempo. Il sole riversava un benefico calore sulle loro spalle; non udivano più nulla; non pensavano più a nulla; ignoravano tutto il resto del mondo; pescavano.
Ma d'improvviso un rumor sordo che sembrava venire da sottoterra fece tremare il suolo. Il cannone tornava a tuonare.
Morissot volse  il  capo al di sopra dell'argine, vide laggiù a sinistra la  grande  sagoma del Mont-Valerien che aveva sulla cima un pennacchio bianco, uno sbuffo di polvere appena spuntato. Subito un secondo getto di fumo partì dalla sommità della fortezza, e dopo qualche minuto echeggiò una nuova detonazione. Poi seguirono altri rimbombi e di tratto in tratto la montagna lanciava il suo alito di morte, soffiava i suoi vapori lattiginosi che si alzavano lentamente nel cielo calmo, formando una nube sopra di essa. Il signor Sauvage scrollò le spalle. «Ecco che tornan da capo» disse.
Morissot, che non perdeva di vista i movimenti dell'esca, fu assalito a un tratto da una collera d'uomo pacifico contro quegli arrabbiati che si battevan in tal modo, e borbottò: «Bisogna essere stupidi per ammazzarsi così.»
«Sono peggio delle bestie» riprese il signor Sauvage.
«E dire» continuò Morissot che aveva appena preso un'arborella6 «che succederà sempre cosi finché ci saranno i governi…»
«La Repubblica» lo interruppe il signor Sauvage «non avrebbe dichiarato la guerra…»
«Ah, già» disse Morissot «coi re si ha la guerra fuori, e con la Repubblica si ha la guerra dentro.» E tranquillamente si misero a discutere, risolvendo i grandi problemi politici col buon senso d'uomini buoni e limitati, per finire d'accordo su un punto, che non ci sarà mai libertà. Intanto Mont-Valerien tuonava senza tregua, demolendo a colpi di cannone case francesi, annientando vite umane, massacrando uomini, distruggendo tanti sogni, tante gioie attese, tante felicità sperate, aprendo in cuori di donne, in cuori di ragazze, in cuori di madri, laggiù, in altri paesi, dolori indimenticabili.
«E’ la vita» disse Sauvage.
«Dite piuttosto che è la morte» riprese ridendo Morissot.
Ma trasalirono atterriti sentendo qualcuno camminare dietro di loro; e, girando gli occhi, videro, in piedi alle loro spalle, quattro uomini, quattro uomini alti, armati e barbuti, vestiti come domestici in livrea coi loro berretti schiacciati, che puntavano verso di loro le canne dei fucili. Le due lenze sfuggirono dalle mani dei due amici e vennero trascinate dalla corrente. In un attimo furono presi, legati, portati via, gettati in una barca e condotti sull'isola. E dietro la casa che avevano creduto abbandonata, scorsero una trentina di soldati tedeschi.
Una specie di gigante irsuto e peloso, che fumava una gran pipa di porcellana a cavalcioni d'una sedia, domandò loro in perfetto francese: «Ebbene, signori, avete fatto buona pesca?» Allora un soldato depose ai piedi dell'ufficiale la bisaccia piena di pesci, che aveva avuto cura di prendere.
Il prussiano sorrise: «Eh! eh! vedo bene che non andava affatto male. Ma si tratta di un'altra cosa. Statemi a sentire e non spaventatevi troppo. Per me, voi siete due spie mandate a spiarci. Io vi prendo e vi faccio fucilare. Voi facevate finta di pescare per nascondere meglio i vostri progetti. Siete caduti nelle mie mani, tanto peggio per voi; la guerra è così. Ma siccome avete oltrepassato gli avamposti, avrete certamente una parola d'ordine per tornare indietro. Ditemi questa parola d'ordine e io vi faccio grazia.»
I due amici, lividi, l'uno a fianco dell'altro, con le mani agitate da un lieve tremito nervoso, tacevano.
«Nessuno lo saprà mai» riprese l'ufficiale «voi ve ne tornerete a casa pacificamente. Il segreto, scomparirà con voi. Se rifiutate, è la morte, e subito. Scegliete.»
Essi rimasero immobili senza aprir bocca.
II prussiano, sempre calmo, riprese stendendo la mano verso il fiume: «Pensate che in cinque minuti sarete in fondo a quest'acqua. In cinque minuti! Avrete dei parenti immagino?»
Mont-Valerien continuava a tuonare.
I due pescatori rimanevano ritti e silenziosi. Il tedesco diede ordini nella propria lingua. Poi cambiò posto alla sua sedia per non essere troppo vicino ai prigionieri, e dodici uomini vennero a mettersi in riga col fucile ai piedi. L'ufficiale riprese: «Vi concedo un minuto, non un secondo di più.» Poi si alzò bruscamente, s'avvicinò ai due francesi, prese Morissot sotto braccio, lo trascinò un po' lontano e gli disse sottovoce: «Presto, questa parola d'ordine! Il vostro compagno non saprà niente. Farò finta di commuovermi.»
Morissot non aprì bocca.
Allora il prussiano condusse via il signor Sauvage e gli fece la stessa domanda. Neppure il signor Sauvage rispose. Si trovarono ancora l'uno a fianco dell'altro. L'ufficiale diede un ordine. I soldati alzarono le armi.
In quel momento lo sguardo di Morissot cadde per caso sulla bisaccia piena di ghiozzi, rimasta là sull'erba, a pochi passi da lui. Un raggio di sole faceva scintillare le squame dei pesci che guizzavano ancora. Lo invase una profonda stanchezza. Suo malgrado, gli occhi gli si riempirono di lacrime.
Balbettò: «Addio, signor Sauvage.»
Sauvage rispose: «Addio, signor Morissot.»
Si strinsero la mano, scossi da capo a piedi da un tremito invincibile.
«Fuoco!» gridò l'ufficiale.
I dodici colpi risuonarono come uno solo.
Il signor Sauvage cadde di peso in avanti. Morissot, più alto, oscillò, girò su se stesso e piombò per traverso sul suo compagno, col volto verso il cielo, mentre fiotti di sangue sgorgavano dalla giubba crivellata sul petto. Il tedesco diede altri ordini. I suoi soldati si dispersero, tornarono di lì a poco con corde e pietre che attaccarono ai piedi dei due cadaveri, poi li portarono sulla riva.
Mont-Valerien tuonava sempre, avvolto ora da una montagna di fumo.
Due soldati presero Morissot per la testa e per le gambe; due altri fecero lo stesso col signor Sauvage. I cadaveri, fatti dondolare un po' con forza, furono lanciati lontano, descrissero una curva, poi piombarono, ritti, nel fiume, trascinati giù dalle pietre.
L'acqua gorgogliò, ribollì, s'increspò, poi tornò calma, mentre piccole onde venivano a riva. Un po' di sangue galleggiava sull'acqua. L'ufficiale, sempre calmo, disse a bassa voce: «Adesso è la volta dei pesci.» Poi tornò verso la casa. Vide nell'erba la bisaccia coi ghiozzi. La raccolse, la esaminò, sorrise e gridò: «Wilhelm!»
Un soldato in grembiule bianco accorse. E il prussiano, gettandogli la pesca dei due fucilati, ordinò: «Fammi subito una frittura di questi animaletti finché sono ancor vivi. Sarà squisita»
E riprese a fumare la sua pipa.


______________________________

1. Si mangiava... cosa: il testo lascia intendere che i parigini, assediati dai prussiani, sono costretti dalla fame a nutrirsi anche di uccelli e perfino di topi.

2. Boulevard: grande viale alberato.

3. Assenzio: qui un liquore molto potente.

4. Salvacondotto: permesso di transito rilasciato dalle autorità militari che consente di entrare e uscire da territori controllati o occupati dall'esercito.

5. Arguzia: capacità di comunicare con acutezza e ironia.

6. Ghiozzo/arborella: piccoli pesci d'acqua dolce.



Nessun commento:

Posta un commento