giovedì 19 settembre 2019

Croce: Tornando sul Manzoni


Benedetto Croce
Tornando sul Manzoni

Ho letto che in Inghilterra ha avuto grande fortuna una nuova traduzione inglese che è stata fatta ora dei Promessi sposi, e mi sono ricordato che, circa settanta anni fa, una bella signora svedese, che era stata a lungo a Londra e con la quale m’incontrai in uno stesso albergo delle vicinanze di Napoli, conversando mi raccontò che, essendosi recata da un libraio, assisté allo spettacolo di una signora inglese che entrò furiosa e depose o piuttosto gettò sul banco un libro, dicendo: «Mi avete dato un libro illeggibile, noiosissimo». Ed essa andata via, la signora guardò di che libro si trattasse e vi lesse sopra: MANZONI, I promessi sposi.
È da augurare che la critica letteraria europea cominci a fare ammenda della fredda stima in cui ha tenuto l’opera del Manzoni, che è nel numero delle opere capitali della letteratura europea nel secolo passato. Per parte mia, soglio rileggere questo libro periodicamente e ne traggo sempre commozione e conforto, e sempre rinnovata ammirazione per la perfezione della sua forma. Può sembrare strano che io dica ciò, avendo altra volta stampato che i Promessi sposi sono una bellissima «opera oratoria»; ma veramente debbo confessare che quella impropria parola nacque da un errore o piuttosto da una grossa distrazione nella quale incorsi nel criticare il giudizio corrente e che fu anche del De Sanctis, che i personaggi del Manzoni si distinguano in concreti e realistici come Renzo e don Rodrigo, astratti e ideali come Lucia e fra Cristoforo, e intermedi come don Abbondio; ed io affermai per contrario che il Manzoni usava lo stesso metodo per costruire gli uni e gli altri, e volevo dire che gli uni e gli altri erano prodotto della stessa fantasia artistica, cosa che mi sembra sempre verissima.
Ma quanto all’«opera oratoria», sarei impacciato nell’assegnare l’origine del mio errore, perché vi ebbe parte lo zelo di irreprensibilità cattolica del Manzoni e l’osservazione dello Scalvini, che i Promessi sposi non si svolgessero sotto libero cielo ma sotto la volta di una chiesa; per non dire delle vivaci critiche del Settembrini che in verità non ebbero molto potere su di me. Comunque, da ciò venne che concepii l’idea di una sorta di fusione nell’opera del Manzoni tra Poesia e Oratoria; dal che avevo il dovere di guardarmi più che altri, per la feroce insofferenza da me sempre manifestata per la confusione nella quale artisti e critici incorrevano della Poesia con l’Oratoria. Ma dire l’origine di un errore o di una distrazione è sovente assai difficile, e tale è nel mio caso. Pel quale debbo confessare che sono rimasto molto mortificato tra me e me quando vi sono tornato sopra, ancorché nessuno me n’abbia rimproverato come io meritavo.
Dopo questo ben chiaro mea culpa, alcune correzioni, come è naturale, sono da introdurre in ciò che ho scritto del Manzoni per questa parte, e ne lascio la non difficile cura agli intelligenti lettori.
Piuttosto, sarà da soggiungere qualcosa sul sentimento cattolico del Manzoni: cioè, che esso risponde a una concezione morale della vita quale anche un non cattolico ma di alto animo fa sua. E forse in ciò è la vera origine della diffidenza che la Chiesa cattolica ebbe verso il Manzoni, nel quale non trovava nessuno dei motivi che servivano alla sua politica. Della qual cosa si avvide presto Carlo Cattaneo, che disse che la Chiesa cattolica assai volentieri avrebbe bruciato sul rogo Alessandro Manzoni. E anche di recente abbiamo udito borbottare contro il Manzoni, poco cattolico, che nel suo romanzo aveva messo insieme una monaca incestuosa, un frate omicida, e un parroco vigliacco, e si era mantenuto tacitamente giansenista in tutta la sua vita. Il vero è che precipuo pregio dei Promessi sposi è la sincerità, sempre rigorosamente osservata dal suo autore, che non mostrò di farsene un vanto e la praticò con semplicità di movimenti.
(Lo Spettatore italiano, marzo 1952)



mercoledì 11 settembre 2019

Gramellini: Marilou Reyes


Marilou Reyes

Corriere della Sera (giovedì 22 agosto 2019)
Massimo Gramellini

È proprio vero che ogni vita è un romanzo. Basta seguire il filo invisibile che la attraversa. Così leggi di quella colf filippina, caduta dal quarto piano di una casa del centro di Milano mentre puliva i vetri, e scopri un mondo. Scopri che al suo Paese la colf era una manager, aveva diretto la filiale di una multinazionale americana fino alla crisi del 2006. Scopri che a quarant’anni si era rimessa in gioco, accettando di venire in Italia a fare le pulizie. E scopri che l’aveva fatto per pagare gli studi ai tre figli. Li aveva iscritti alle scuole migliori. Erano il suo pensiero fisso e il suo orgoglio, ma non li vedeva praticamente mai. Aveva rinunciato a goderseli nel presente per dare loro un futuro.
Leggi la storia di Marilou Reyes e scopri che al mondo esiste ancora qualcuno che crede nelle possibilità della scuola di orientare un destino; e che il domani possa essere migliore dell’oggi, al punto da sacrificare il proprio oggi per il domani di chi ama. Scopri tutto questo e ti chiedi se tu avresti la sua stessa forza di ricominciare daccapo, la sua stessa fiducia nel ruolo dell’istruzione e nel riconoscimento del merito. Se saresti capace di trasferirti dall’altra parte del globo e metterti a pulire i vetri di una casa altrui nei giorni di Ferragosto per pagare la retta scolastica dei tuoi figli. A costo di vederli, se va bene, una volta l’anno. A costo di finire in modo così assurdo una vita così gloriosa.