Dai campi di Custoza alle trincee
del Carso
Radamisto, il bersagliere di 71
anni
Sembra un nome del periodo faraonico ed è d’un nato a
Piacenza il 14 febbraio 1846 da una lunga prosapia di piccoli proprietari piacentini.
A 18 anni, nel 1864, corre ad arruolarsi a Torino nei bersaglieri e due anni
dopo alla battaglia di Custoza ha il braccio destro perforato da una fucilata e
la medaglia al valore. Partecipa poi in Sicilia alla campagna contro il
brigantaggio finché, congedato nel ’72, gli vien conferito un impiego; ma poi
lascia l’impiego… e via in America in quell’Argentina che pareva in quei tempi
l’Eldorado. Comincia da facchino; ma finisce col trovare un buon impiego ed
accumula un invidiabile capitaletto. Nel ’90 scoppia la guerra civile laggiù;
egli non vuole stare coi “civici” né coi “governativi” e si iscrive volontario
alla Croce Rossa; per quattro interi giorni soccorre feriti, raccoglie cadaveri
(narra che li si legava a fasci buttandoli sui carri e sui tram), e bada a
mettere sopra tutto in salvo i connazionali. Il ministro d’Italia lo segnala al
ministro Nicotera per una ricompensa e gli vien conferita la medaglia di bronzo
al valor civile, mentre il Governo argentino gli rilascia un certificato di
benemerenza. Ma la bimba gli muore, la moglie impazzisce e nel 1903 torna in
Italia, poi va a Parigi ove il suo spirito bizzarro lo porta a trovarsi al
verde e malato con oltre sessant’anni sulle spalle. Fa istanza da Parigi per
essere ammesso nella Casa di ricovero pei veterani in Turate. A mezzo dell’ambasciata
gli viene risposto non avere egli ancora i limiti di età; ma scrive tale
un’epistola pro domo sua che
l’ambasciatore Tittoni stesso lo raccomanda al Governo e ottiene che uno dei
posti governativi del ricovero venga a lui deferito. Ma non è decorso un anno
che scoppia la guerra libica ed egli vuol arruolarsi. Non lo accolgono. Lascia Turate e corre a
Napoli, compra una carabina, si presenta in caserma; ma è respinto.
Scoppia nel ‘915 la nostra guerra e a Milano va
dall’aiutante di campo del Conte di Torino per essere arruolato. Lo si
consiglia di sottoporsi alla visita militare; ma alla caserma di San Celso gli
si constata una vecchia ernia. Non lo accettano. Vuol farsi operare ma al
padiglione Ponti esitano data la sua età. Fa appoggiare la propria richiesta da
un alto ufficiale ed è accolto. Il 14 giugno entra all’ospedale, il 27 ne esce
guarito, il 1° luglio si arruola nei bersaglieri come semplice soldato,
malgrado fosse uscito dall’esercito col grado di sergente. L’esempio del
senatore Pullè, arruolatosi prima di lui come soldato, lo induce alla
baldanzosa rinuncia.
Iscritto nel famoso 12° -fisso ormai a carattere d’oro
nella storia militare italiana- combatte nella conca di Plezzo, combatte al
Piccolo Javorcek, combatte al tragico Mrzli, ove il colonnello Negrotto cadde,
il colonnello De Rossi rimase inguaribilmente ferito. Lui niente; ne esce
incolume.
*
Da soldato promosso a caporale, eccolo successivamente
conquistarsi per merito di guerra i galloni di sergente e sergente maggiore;
eccolo ancora, a quasi 71 anni, ottenere il distintivo di “ardito” per ripetute
prove d’audacia. I suoi galloni hanno perciò l’ornamento della corona d’oro e
porta al braccio la sigla reale. Quando la missione inglese si recò alla nostra
fronte Giulia, fra le medaglie distribuite in nome di Re Giorgio ai più
valorosi, una d’argento ne diede a Radamisto, il quale ha ora il petto fregiato
di sei nastrini di vario colore.
Nel settembre, quando la I brigata bersaglieri venne
passata in rivista al Ponte di Versa, questo vecchio svelto loquace,
dall’occhio vivo e dal sorriso burlesco, attrasse l’attenzione del Duca
d’Aosta, e quattro giorni Antonio Radamisto si vide consegnare solennemente dal
proprio colonnello avanti a tutto il reggimento un magnifico orologio d’oro con
catena d’oro fattogli regalare dal Duca pel tramite del Comando della brigata
bersaglieri. L’orologio porta incisa la dedica: «Al bersagliere di Custoza e
d’oggi, sergente maggiore Radamisto» colla firma in facsimile «E. F. di
Savoia». L’ordine del giorno che accompagnò la consegna riproduce la lettera
del Duca al generale: «Niuna cosa poteva
colpirmi maggiornente nella visita alla sua magnifica brigata che quella di
vedere tra le file dei suoi baldi e stupendi bersaglieri d’oggi, un bersagliere
di altri tempi, il sergente maggiore S. A. Radamisto, quale esempio vivente
della gloriosa tradizione e del valore del corpo. L’orologio che le mando per
lui non è soltanto il dono per il valoroso veterano, ma anche, caro Generale,
un segno della mia ammirazione e della mia fiducia per i suoi splendidi
reggimenti, ai quali invio gli auguri più fervidi che possano partire dal mio
cuore di italiano, di soldato, di Savoia. «In alto i cuori» e «Più avanti» e
«Più alto» sempre.»
Nei gloriosi giorni dell’1, 2 e 3 novembre testè decorsi,
il Radamisto partecipò alla presa del Pecinka e del Veliki Hirbak; ora è
proposto a maresciallo per merito di guerra.
(Domenica del Corriere, 1916)
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