QUANDO
I FORNI ANDAVANO A VINO
Giovanni
Boccaccio, Il Decamerone
(versione
in italiano moderno di Aldo Busi)
Storia
n. 2 Sesta Giornata
Pampinèa:
Ragazze, a proposito di questo Geri Spina
- sì, il marito della signora Oretta: dovete sapere che lui e papa Bonifacio
VIII facevano così culo e camicia, che quando il papa mandò a Firenze alcuni
suoi emissari per sistemare certe questioncelle politiche scottanti, fu proprio
Geri Spina a ospitarli in casa sua per vedere insieme di cavare dal fuoco le
castagne pontificie. Per un motivo o per l'altro, il nobile Geri passava quasi
tutte le mattine con i suddetti ambasciatori papali davanti a Santa Maria Ughi,
dove c'era la panetteria gestita personalmente da Cisti il fornaio. Per quanto
il mestiere che il destino gli aveva rifilato non fosse esattamente di quelli
che ti danno un'infarinatura di distinzione sociale, al Cisti gli affari erano
sempre andati a piene ceste, tanto che aveva fatto soldi a palate e viveva come
un signore di ottima pasta, senza farsi mancare (tra tutte le altre cose buone
che possedeva) i più eccellenti vini bianchi e rossi di Firenze e dintorni; ma
mai, per niente al mondo, aveva avuto voglia di cambiare mestiere. Cisti,
notando che il signor Geri e gli ambasciatori del papa gli passavano davanti
alla bottega ogni mattina, pensò che, con il caldo che faceva, sarebbe stato un
gran bel colpo di gentilezza offrirgli un certo suo squisito vino bianco; ma
sapeva perfettamente chi era lui e chi era il signor Spina e gli sembrava che,
a prendere l'iniziativa di essere lui a invitarlo, avrebbe fatto la figura di
chi non sa stare al suo posto: bisognava dunque che fosse il nobiluomo a cedere
alla tentazione di autoinvitarsi.
Così, ogni mattina, verso l'ora in cui era
previsto il passaggio del signor Geri con gli ambasciatori, Cisti - in
canottiera bianchissima e grembiulone di bucato che gli davano un aspetto più
da mugnaio che da fornaio - si faceva portare fuori dalla porta un secchio di
rame stagnato nuovo fiammante pieno d'acqua fresca, una caraffina di terracotta
senza la minima screziatura col suo vinello bianco e due calici che parevano
d'argento tanto brillavano; come avvistava il gruppetto in lontananza, si
metteva a sedere, dava una o due scatarrate per purgarsi la gola e incominciava
a centellinare il suo vino con una tale esibizione di estasi che avrebbe fatto
venire l'acquolina in bocca ai morti.
E una mattina, e due mattine, alla terza
il signor Geri domandò:
«Allora, Cisti, com'è? Buono?»
Cisti balzò subito in piedi e gli rispose:
«Eccome, signore! Ah, non si può
descriverlo a parole, bisognerebbe proprio assaggiarlo e basta.»
Spina, che si sentiva la gola un po'
asciutta per il caldo e per un senso di spossatezza più greve del solito e per
quel modo di bere di Cisti, si rivolse sorridendo agli ambasciatori e disse:
«Signori miei, credo che ci convenga
assaggiare il vino di questo bravo cittadino: sospetto proprio che non ce ne
pentiremo» e insieme a loro si diresse verso Cisti.
Il fornaio fece subito portare fuori dalla
bottega una bella panca e li invitò a accomodarsi e disse ai loro
servitori che già si facevano avanti per
sciacquare i bicchieri:
«Alla larga, ragazzi, che ci penso io:
sono bravo a versare il vino almeno quanto a impastare il pane, e toglietevi
dalla testa di farvi la bocca alle mie spalle!»
Sciacquò lui stesso quattro bei calici da
grandi occasioni, si fece portare una caraffina del suo buon vino e, come un
sommelier diplomato, versò da bere al signor Geri e ai suoi amici che, non
avendo bevuto da parecchio tempo un vino di tale qualità, non la smettevano più
di decantarne il bouquet. Così, finché gli ambasciatori rimasero in città, Geri
Spina andò lì con loro a farsi la sua degustazione quasi ogni mattina.
Quando le trattative si conclusero e
giunse il momento della loro partenza, il signor Geri organizzò un banchetto di
commiato in grande stile al quale fu invitata tutta la scrematura della crème
cittadina; anche Cisti ricevette l'invito, ma siccome non ci fu verso di
convincerlo a partecipare, Geri ordinò a uno dei suoi servitori di andare da
lui a farsi dare un fiasco di vino per offrirne mezzo bicchiere agli ospiti
assieme agli antipasti. Il servitore, che forse non aveva mandato giù il fatto
di non essere mai riuscito a assaggiare quel vino, ci andò con una damigiana.
Cisti lo squadrò e disse:
«Hai sbagliato indirizzo. Il signor Spina
non è da me che ti manda.»
Il servitore giurò e spergiurò che invece
sì, ma non riuscì a ottenere nessun'altra risposta, per cui tornò dal suo
padrone e gli riferì quella. Geri Spina allora gli disse:
«Vacci di nuovo e digli che ti mando
proprio io proprio da lui; e se risponde ancora nella stessa maniera,
domandagli da chi è che ti manderei secondo lui.»
Il servitore tornò alla carica e disse:
«Cisti, il signor Geri mi manda proprio da
te.»
«Ragazzo mio, direi proprio di no» rispose
Cisti.
«E allora» disse il servitore «dov'è che
mi avrebbe mandato?»
«All' Arno» disse Cisti.
Quando il servitore gli riportò queste
parole, il signor Spina cominciò a intuire la soluzione dell'indovinello:
«Fa' un po' vedere con che fiasco ci sei
andato» disse, e appena vide la damigiana esclamò:
«Cisti ha ragione!» e dopo avergli dato
una bella lavata di testa lo rispedì indietro con un fiaschetto di dimensioni
ragionevoli, alla cui vista Cisti disse:
«Adesso sì che ti manda da me» e glielo
riempì fischiettando.
Quello stesso giorno fece riempire un
barilotto con, vino dell'identico cru e, dopo aver ordinato che lo portassero
senza troppi scossoni al signor Geri, andò a trovarlo e gli disse:
«Signore, non vorrei che pensasse che la
damigiana di stamattina mi abbia spaventato: ma mi pareva che si fosse
dimenticato di quello che ho cercato di dirle con le mie caraffine, e cioè che
questo non è vino da darsi via ai servi, perciò ho semplicemente voluto
ricordarglielo. E dato che adesso non vorrei più stare a fargli la guardia per
lei, gliel'ho fatto venire tutto: ne faccia pure quello che le pare e piace.»
Il signor Geri si tenne caro il dono di
Cisti e lo ringraziò in misura adeguata, dandogli da allora in poi tutta la
considerazione e trattandolo da amicone.
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