Giovanni Boccaccio, Il Decamerone
(versione in italiano moderno di Aldo Busi)
LOCULI LIBERI
Storia n. 9 Sesta Giornata
Elissa, la regina:
Amiche mie giuggiolose,
dovete sapere che una volta nella nostra città c'erano tante piacevoli
abitudini di cui oggi non è rimasta traccia alcuna perché l'avarizia, che ha
attecchito da noi con la stessa velocità della ricchezza, le ha spazzate via
tutte. Per esempio, i gentiluomini delle diverse contrade di Firenze avevano
l'abitudine di riunirsi in club più o meno numerosi, ammettendo come soci tutti
gli amici che non avevano problemi di portafoglio, e oggi l'uno, domani
l'altro, si davano il turno per invitare a pranzo tutti gli altri, aggiungendo
spesso e volentieri qualche sedia in più per i visitatori di passaggio o per
altri concittadini. L'usanza voleva anche che i soci si vestissero tutti allo
stesso modo almeno una volta all' anno, e nelle occasioni più importanti, tipo
feste di precetto o l'arrivo di una bella notizia, magari la conquista dello
scudetto, li si vedeva cavalcare tutti insieme per le vie della città e qualche
volta partecipavano in massa anche a Giochi Senza Frontiere.
Tra questi club, o
bande, c'era anche quello di Betto Brunelleschi, che assieme ai suoi consoci
aveva fatto di tutto per tirarci dentro anche Guido di Cavalcante de'
Cavalcanti, e non senza motivo: quello lì infatti, oltre a essere uno dei
maggiori poeti-filosofi del tempo e un fisico sperimentale coi neutroni -cose
di cui i consoci si infischiavano-, era un figo di classe, splendido
conversatore, e qualunque meta degna di un gentiluomo si prefiggesse, la
raggiungeva meglio e più in fretta di chiunque altro. Inoltre era ricco
sfondato e sapeva essere molto generoso con chi si meritava la sua stima.
Betto però non era mai
riuscito a intrupparlo tra i suoi, e pensava che la colpa fosse di tutto quel
filosofare di Guido, che lo isolava dal resto degli uomini: dato che propendeva
per le dottrine di Epicuro, nei quartieri bassi correva anche voce che le sue
elucubrazioni mirassero solo a trovare la prova della non esistenza di Dio.
Un giorno Guido andò da
Orsammichele fino a San Giovanni passeggiando per via dei Calzaioli, come
faceva spesso, e giunse a quei grandi sarcofaghi di marmo che oggi sono in
Santa Maria del Fiore e allora stavano in mezzo a molte altre tombe intorno a
San Giovanni. Mentre indugiava tra le colonne del battistero, i sarcofaghi e la
porta di San Giovanni, sulla piazza di Santa Maria del Fiore arrivarono Betto e
i suoi amici a cavallo e, vedendo Guido in mezzo a quei sepolcri, dissero:
«Andiamo a stuzzicarlo»
e spronarono i cavalli, improvvisando una scherzosa carica. Prima ancora che
lui se ne accorgesse, gli furono addosso e presero a dirgli:
«Guido, tu ti rifiuti
di essere dei nostri ma, dicci un po', dopo che avrai scoperto che Dio non
esiste, cosa te ne sarà venuto in tasca?»
Guido si vide
circondato e rispose a bruciapelo:
«Signori miei, a casa
vostra siete liberi di dire tutto quel che vi pare» e, puntellandosi con una
mano su uno dei sarcofaghi, che non erano mica tanto bassi, balzò dall'altra
parte con un salto da Olimpiade e, rotto così l'assedio, li piantò tutti lì e
se ne andò.
Quelli rimasero a
guardarsi basiti e a dirsi che Guido aveva la testa nelle nuvole e che diceva
cose senza senso, perché nessuno di loro aveva a che fare con quelle tombe più
di quanto avesse a che farci qualunque altro cittadino, Guido compreso. Ma
Betto capì al volo l'antifona e disse agli altri:
«Ci siete voi con la
testa nelle nuvole, se non avete capito: elegantemente e con due parole Guido
ci ha offesi proprio a morte, perché, rifletteteci bene, queste tombe non sono
la casa dei morti, visto che i morti ci vengono messi a dimora? E lui ci ha
detto che sono la nostra casa per dirci che, come tutti quelli che non hanno studiato
e non amano studiare, noi siamo peggio che morti in confronto di lui e degli
altri intellettuali. Ecco perché qui siamo a casa nostra.»
Tutti allora capirono
che cosa aveva voluto dire Guido e tale fu l'umiliazione che rinunciarono per
sempre a tampinarlo: e da quel giorno in poi Betto si guadagnò la reputazione
di uomo sottile e perspicace.
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