Le mille vite dei
diciottenni
Claudio atterra tutte le sere a Londra-Heathrow:
gli piace farlo con visibilità prossima allo zero, è talmente concentrato che
nessuno potrebbe staccarlo dal simulatore sullo schermo: men che mai sua madre
capace di sgolarsi pur di chiamarlo a tavola. Michele dice che vuole fare l’attore
ma se legge un testo si mangia tutte le esse e poi sta cambiando il timbro di
voce e non sappiamo come declamerà Shakespeare l’anno prossimo: restiamo in
fervida attesa. Eleonora la vedo bene quando disegna i samurai, non foss’altro
per i fiocchetti che gli mette in testa con singolare scelta creativa di
contrapposizione estetica rispetto alla triste armatura che li imprigiona. Jacopo
spacca le bottiglie di birra nel giardino sotto casa e qualche volta dovrà
affrontare le conseguenze prodotte dalla sua energia propulsiva. Francisca la
mattina svolge il tirocinio come infermiera all’ospedale, poi mangia un panino
veloce e viene da noi a insegnare l’italiano ai suoi coetanei arabi: anche lei
ha alle spalle più o meno la loro stessa storia di traumi e abbandoni, questo l’avvantaggia
in un modo imperscrutabile ma sicuro. Ilario diceva di essere fascista, s’era
fatto la boccia pelata, ma poi giocava a pallone con gli egiziani appena
arrivati in Italia: discutevano di Salah al tempo in cui lui stava nella Roma.
Di chi vogliamo parlare? Degli studenti del liceo Manara di Roma che mi hanno
invitato all’assemblea d’istituto e quando gli ho raccontato della nostra
scuola di lingua per immigrati sono venuti a vederla e adesso alcuni stanno
facendo volontariato il pomeriggio senza pensare all’alternanza scuola-lavoro,
no, proprio in quanto interessati all’esperienza in sé? L’attenzione di certe
loro occhiate nella grande sala d’istruzione dove li ho riuniti, un centinaio
di Mohamed e Faride insieme ad altrettanti Alberti e Manuele, vale da sola più di un intero convegno
sull’integrazione.
Oppure vogliamo raccontare di quel ragazzo dell’istituto
professionale che ha provato a diventare lui stesso docente per un paio d’ore?
Spericolata avanguardia pedagogica, ci ha dato una notevole soddisfazione.
Siccome frequenta i corsi dell’alberghiero, gli avevo chiesto cosa mi avrebbe
preparato per cena se avesse potuto. ‘"Na bella carbonara,
professò!". Era davvero simpatico. Così l’abbiamo posto di fronte a un
africano non più giovane, analfabeta, che avrebbe potuto essere suo padre. Questo
imprevedibile adolescente si è talmente immedesimato nell’azione didattica che
quando gli ho chiesto di alzarsi perché ci mancavano le sedie, l’attempato
allievo al quale si stava rivolgendo ha protestato: "No, non me lo
togliere, lo voglio io questo qui". Insomma gli piacevano le spiegazioni
del pischelletto. Sono andato dalla sua professoressa per saperne di più: come
si comporta a scuola? Lei, sorpresa quanto me, ha detto che in classe è uno dei
peggiori: ha problemi di sillabazione, non resta concentrato nemmeno per cinque
minuti e quest’anno rischia la bocciatura.
Essere giovani nel 2018 non è mai la stessa storia.
C’è anche Mattia che non sai dove metterlo perché sembra avere il fuoco addosso
e combina quasi sempre sfracelli, tipo ieri: durante la ricreazione ha chiuso
dentro il bagno Pasquale e se ne è pure vantato. Per poco non l’hanno sospeso.
Lui e Stefano fanno il diavolo a quattro, chissà magari li avrete visti in
certi sabati dalle parti dell’Ostiense: sputano dal ponte contro i turisti.
Sono inquieti e pericolosi.
Non ho mai creduto alle rappresentazioni
statistiche, ai grafici che illustrano le tendenze, agli schemi sociologici.
Per me esistono solo gli individui: presi uno per uno possono contraddire ogni
interpretazione corrente. In particolare i cosiddetti diciottenni, sui quali da
sempre si costruiscono i titoli di giornale, sembrano fatti apposta per
rovesciare gli stereotipi. Mandare a monte la partita. Cos’è un ragazzo se non
esattamente questo? Uno che ti ribalta. Che ti conduce in un luogo non
previsto. Che ti smentisce. Che ti lascia sul posto. La schiuma dell’onda
quando batte sullo scoglio. Non è proprio quello il suo mestiere? Ad esempio si
dice che i giovani non leggano. O che lo facciano in modo nuovo: frammentario.
E allora perché Massimo ha voluto una lista di romanzi imprescindibili? Lo
vedevo pronto, con gli occhi scintillanti, è stato
naturale chiedergli cosa volesse diventare nella vita. E lui ha sparato: lo
scrittore. Apriti cielo! Sono partito in quarta: cosa hai letto finora? Cosa
hai scritto? Cosa pensi? Come vivi? Come t’emozioni? In cosa credi? Tutte le
vecchie domande. I soliti sogni. I remoti splendori. Gli antichi
sentieri. Le glorie dei nostri padri. Un mondo perduto. Andato a fondo. Morto
per sempre, pensano alcuni, forse resuscitato nel suo sguardo acceso? A quel
punto ero diventato io il diciottenne. E lui, alla
maniera del vero saggio, mi ha messo al muro trascinandomi fuori dal campo di
gioco con titoli assurdi, nomi irriferibili, citazioni
strampalate, combinazioni che mai mi sarebbero venute in mente. Faremmo presto a dire che quella
tavolozza di brutti colori impastati gli uni con gli altri era soltanto
chincaglieria: e se invece fosse la verità? È successo quello che doveva
accadere: il giorno dopo aveva già cambiato idea. Voleva fare un’altra cosa,
non so più nemmeno quale.
(Eraldo Affinati, la Repubblica, 1 aprile 2018)
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