giovedì 5 aprile 2018

I giovani del 2018 (E. Affinati)


Le mille vite dei diciottenni

Claudio atterra tutte le sere a Londra-Heathrow: gli piace farlo con visibilità prossima allo zero, è talmente concentrato che nessuno potrebbe staccarlo dal simulatore sullo schermo: men che mai sua madre capace di sgolarsi pur di chiamarlo a tavola. Michele dice che vuole fare l’attore ma se legge un testo si mangia tutte le esse e poi sta cambiando il timbro di voce e non sappiamo come declamerà Shakespeare l’anno prossimo: restiamo in fervida attesa. Eleonora la vedo bene quando disegna i samurai, non foss’altro per i fiocchetti che gli mette in testa con singolare scelta creativa di contrapposizione estetica rispetto alla triste armatura che li imprigiona. Jacopo spacca le bottiglie di birra nel giardino sotto casa e qualche volta dovrà affrontare le conseguenze prodotte dalla sua energia propulsiva. Francisca la mattina svolge il tirocinio come infermiera all’ospedale, poi mangia un panino veloce e viene da noi a insegnare l’italiano ai suoi coetanei arabi: anche lei ha alle spalle più o meno la loro stessa storia di traumi e abbandoni, questo l’avvantaggia in un modo imperscrutabile ma sicuro. Ilario diceva di essere fascista, s’era fatto la boccia pelata, ma poi giocava a pallone con gli egiziani appena arrivati in Italia: discutevano di Salah al tempo in cui lui stava nella Roma. Di chi vogliamo parlare? Degli studenti del liceo Manara di Roma che mi hanno invitato all’assemblea d’istituto e quando gli ho raccontato della nostra scuola di lingua per immigrati sono venuti a vederla e adesso alcuni stanno facendo volontariato il pomeriggio senza pensare all’alternanza scuola-lavoro, no, proprio in quanto interessati all’esperienza in sé? L’attenzione di certe loro occhiate nella grande sala d’istruzione dove li ho riuniti, un centinaio di Mohamed e Faride insieme ad altrettanti Alberti e Manuele, vale da sola più di un intero convegno sull’integrazione.

Oppure vogliamo raccontare di quel ragazzo dell’istituto professionale che ha provato a diventare lui stesso docente per un paio d’ore? Spericolata avanguardia pedagogica, ci ha dato una notevole soddisfazione. Siccome frequenta i corsi dell’alberghiero, gli avevo chiesto cosa mi avrebbe preparato per cena se avesse potuto. ‘"Na bella carbonara, professò!". Era davvero simpatico. Così l’abbiamo posto di fronte a un africano non più giovane, analfabeta, che avrebbe potuto essere suo padre. Questo imprevedibile adolescente si è talmente immedesimato nell’azione didattica che quando gli ho chiesto di alzarsi perché ci mancavano le sedie, l’attempato allievo al quale si stava rivolgendo ha protestato: "No, non me lo togliere, lo voglio io questo qui". Insomma gli piacevano le spiegazioni del pischelletto. Sono andato dalla sua professoressa per saperne di più: come si comporta a scuola? Lei, sorpresa quanto me, ha detto che in classe è uno dei peggiori: ha problemi di sillabazione, non resta concentrato nemmeno per cinque minuti e quest’anno rischia la bocciatura.

Essere giovani nel 2018 non è mai la stessa storia. C’è anche Mattia che non sai dove metterlo perché sembra avere il fuoco addosso e combina quasi sempre sfracelli, tipo ieri: durante la ricreazione ha chiuso dentro il bagno Pasquale e se ne è pure vantato. Per poco non l’hanno sospeso. Lui e Stefano fanno il diavolo a quattro, chissà magari li avrete visti in certi sabati dalle parti dell’Ostiense: sputano dal ponte contro i turisti. Sono inquieti e pericolosi.
Non ho mai creduto alle rappresentazioni statistiche, ai grafici che illustrano le tendenze, agli schemi sociologici. Per me esistono solo gli individui: presi uno per uno possono contraddire ogni interpretazione corrente. In particolare i cosiddetti diciottenni, sui quali da sempre si costruiscono i titoli di giornale, sembrano fatti apposta per rovesciare gli stereotipi. Mandare a monte la partita. Cos’è un ragazzo se non esattamente questo? Uno che ti ribalta. Che ti conduce in un luogo non previsto. Che ti smentisce. Che ti lascia sul posto. La schiuma dell’onda quando batte sullo scoglio. Non è proprio quello il suo mestiere? Ad esempio si dice che i giovani non leggano. O che lo facciano in modo nuovo: frammentario. E allora perché Massimo ha voluto una lista di romanzi imprescindibili? Lo vedevo pronto, con gli occhi scintillanti, è stato naturale chiedergli cosa volesse diventare nella vita. E lui ha sparato: lo scrittore. Apriti cielo! Sono partito in quarta: cosa hai letto finora? Cosa hai scritto? Cosa pensi? Come vivi? Come t’emozioni? In cosa credi? Tutte le vecchie domande. I soliti sogni. I remoti splendori. Gli antichi sentieri. Le glorie dei nostri padri. Un mondo perduto. Andato a fondo. Morto per sempre, pensano alcuni, forse resuscitato nel suo sguardo acceso? A quel punto ero diventato io il diciottenne. E lui, alla maniera del vero saggio, mi ha messo al muro trascinandomi fuori dal campo di gioco con titoli assurdi, nomi irriferibili, citazioni strampalate, combinazioni che mai mi sarebbero venute in mente. Faremmo presto a dire che quella tavolozza di brutti colori impastati gli uni con gli altri era soltanto chincaglieria: e se invece fosse la verità? È successo quello che doveva accadere: il giorno dopo aveva già cambiato idea. Voleva fare un’altra cosa, non so più nemmeno quale.

(Eraldo Affinati, la Repubblica, 1 aprile 2018)


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