MANIFESTO INTERNAZIONALE ANARCHICO CONTRO
LA GUERRA
L’Europa è in fiamme; una dozzina di
milioni di uomini sono impegnati nel più terribile macello che la storia
ricordi; centinaio di milioni di donne e di bambini sono in lacrime; la vita
economica, intellettuale e morale di sette grandi popoli è brutalmente sospesa;
e diviene ogni giorno più grave la minaccia che sorgano nuove complicazioni
militari. Questo è il penoso, angoscioso e odioso spettacolo presentato dal
mondo civile.
Ma è uno spettacolo non inaspettato, per
gli anarchici almeno. Poiché per gli anarchici non vi è mai stato, né vi è oggi
alcun dubbio (e gli orribili avvenimenti attuali rafforzano tale convinzione)
che la guerra è in permanente gestazione nell’odierno sistema sociale.
Il conflitto armato, ristretto o
allargato, coloniale o europeo, è la conseguenza naturale, l’inevitabile e
fatale risultato di un regime che si basa sulla disuguaglianza economica dei
cittadini e sullo sfruttamento dei lavoratori; d’un regime che riposa sul selvaggio
antagonismo degli interessi, e pone il mondo del Lavoro sotto la stretta
dolorosa dipendenza di una minoranza di parassiti che tengono nello loro mani
il potere politico ed economico.
La guerra era inevitabile. Da qualunque
parte venisse, doveva scoppiare. Non invano, per mezzo secolo, si sono
febbrilmente preparati i più formidabili armamenti e s’è aumentato
incessantemente il bilancio della morte. Non è col costante perfezionamento
delle armi da guerra e col rivolgere gli spiriti e i desideri di tutti ad una
sempre migliore organizzazione della macchina militare, che si può lavorare per
la pace.
Perciò è stolto ed infantile, dopo aver
moltiplicato le cause e le occasioni del conflitto, voler fissare le
responsabilità di questo o quel Governo. Nessuna distinzione è possibile fra
guerra offensiva e guerra difensiva. Nel presente conflitto, i governi di
Berlino e di Vienna han cercato di giustificarsi con documenti più o meno
autentici, come quelli dei governi di Parigi, Londra e Pietrogrado. Ciascuno fa
del suo meglio, per produrre i più indiscutibili e decisivi documenti atti a
stabilire la veridicità delle proprie asserzioni e per presentarsi quali
immacolati difensori del diritto e della libertà, e quali campioni della
civiltà.
Civiltà? Chi dunque in questo momento la
rappresenta? È forse lo Stato Tedesco col suo formidabile militarismo, e così
potente che ha sofferto ogni possibilità di rivolta? Forse lo Stato Russo, pel
quale il knout, la forca e la Siberia sono i soli mezzi di persuasione? Forse lo
Stato Francese col suo Biribì, le sue sanguinose conquiste nel Tonchino, nel
Madagascar e nel Marocco e col suo arruolamento forzato di truppe nere? Forse
questa Francia che detiene nelle sue prigioni, da anni, dei compagni colpevoli
solo di aver scritto o parlato contro la guerra? È forse lo Stato Inglese che
sfrutta, divide e opprime le popolazioni del suo immenso impero coloniale?
NO! Nessuno dei belligeranti ha il diritto
d’invocare il nome della civiltà, come nessuno ha il diritto di dichiararsi in
istato di legittima difesa.
La verità è che la causa delle guerre, la
causa di quella attuale che bagna di sangue umano le terre di Europa, come di
tutte le guerre che l’hanno preceduta risiede unicamente nell’esistenza dello
Stato che è la forma politica del privilegio.
Lo Stato è nato dalla forza militare; è
attraverso l’uso di questa forza che si è sviluppato, ed è quindi sulla forza
militare che logicamente deve riposare per mantenere la sua onnipotenza.
Qualunque sia la forma che esso può assumere, lo Stato non è se non
l’oppressione organizzata a beneficio delle minoranze privilegiate. Il presente
conflitto illustra tutto ciò nella maniera più convincente. […][1]
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