giovedì 25 maggio 2017

LA BELLEZZA DI ELENA

Iliade (trad. R. Calzecchi Onesti)
Elena va sulle mura di Troia a vedere il duello fra Paride e Menelao; è la prima volta che compare nell’Iliade.
III 121-180

Ma Iri venne ad Elena braccio bianco, messaggera,
sembrando la cognata, la sposa dell’Antenorίde,
quella che il figlio d’Antènore, il potente Elicàone, aveva,
Laodice, bellissima tra le figlie di Priamo.
La trovò nella sala: tesseva una tela grande,
doppia, di porpora, e ricamava le molte prove
che Teucri domatori di cavalli e Achei chitoni di bronzo
subivan per lei, sotto la forza d’Ares.
Standole accanto, Iride piede rapido disse:
«Vieni qua, cara sposa, a vedere le azioni ammirande
dei Teucri domatori di cavalli e degli Achei chitoni di bronzo:
prima gli uni agli altri portavano guerra lacrimosa
nella pianura, bramando lotta e rovine,
ora stanno seduti in silenzio – la guerra è cessata –
appoggiati agli scudi, e l’aste lunghe sono infitte vicino.
Ma Alessandro e Menelao caro ad Ares
con l’aste lunghe lotteranno per te,
e tu del vincitore sarai la cara sposa».
Dicendo così, la dea le mise in cuore dolce desìo
del suo primo marito, dei genitori, della città...
Subito, di bianchi veli coprendosi,
mosse dalla stanza, versando una tenera lacrima:
non sola, ma la seguivano anche due ancelle,
Etra figlia di Pitteo e Climene occhi grandi.
Giunsero in fretta dov’erano le porte Scee.
E i compagni di Priamo, e Pàntoo e Timete,
e Lampo e Clitio e Icetàone rampollo d’Ares,
Ucalègonte e Antènore, l’uno e l’altro prudenti
sedevano – gli Anziani– presso le porte Scee:
per la vecchiaia avevano smesso la guerra, ma parlatori
nobili erano, simili alle cicale, che in mezzo al bosco
stando sopra una pianta mandano voce fiorita:
così sedevano i capi dei Troiani presso la torre.
Essi dunque videro Elena venire verso la torre,
e a bassa voce l’un l’altro dicevano parole fugaci:
«Non è vergogna che i Teucri e gli Achei schinieri robusti,
per una donna simile soffrano a lungo dolori:
terribilmente, a vederla, somiglia alle dee immortali!
Ma pur così, pur essendo sì bella, vada via sulle navi,
non ce la lascino qui, danno per noi e pei figli anche dopo!»
Dicevano appunto così: e Priamo chiamò Elena a voce alta:
«Vieni qui, figlia mia, siedi vicino a me,
a vedere il tuo primo marito, e gli alleati e gli amici:
non certo tu sei colpevole davanti a me, gli dèi son colpevoli,
essi mi han mosso contro la triste guerra dei Danai;
vieni a dirmi il nome di quel guerriero mirabile;
chi è colui, quell'eroe acheo forte e grande?
Certo, ve ne sono altri più alti della testa,
ma uno così bello non l'ho mai colto con gli occhi,
così maestoso; ha l'aspetto d'un re!»
Ed Elena lo ricambiò con parole, la donna gloriosa:
«Tu sei per me venerando e terribile, suocero mio.
Oh se mi fosse piaciuta morte crudele, quando qui
Il figlio tuo seguii, lasciando talamo e amici,
e la figlietta tenera e le compagne amabili…
Ma non avvenne così, perciò mi struggo a piangere.
Io ti dirò quello che chiedi e ricerchi:
è il figlio di Atreo, il molto potente Agamennone,
sovrano nobile e guerriero gagliardo:
era cognato mio, di me cagna, se mai questo fu.»


Ettore si reca nella reggia da Paride per spronarlo a rientrare in battaglia; lì incontra anche Elena.
VI 312-368

Esse dunque pregavano la figlia del gran Zeus,
e intanto Ettore giunse alla dimora d’Alessandro,
bella, ch’egli si costruì con l’aiuto di quanti allora bravissimi
erano in Troia fertile zolla artefici fabbricatori;
questi gli fecero un talamo, una sala, un cortile,
accanto a Priamo e ad Ettore sull’alto della rocca.
Entrò Ettore amato da Zeus, e in mano
aveva l’asta di undici cubiti; in cima splendeva la punta
di bronzo dell’asta, e intorno un cerchio d’oro correva.
E lo trovò nella stanza, che l’armi belle poliva,
lo scudo e la corazza; e tentava il curvo arco;
Elena argiva in mezzo alle donne sue schiave
sedeva, e comandava alle ancelle lavori mirabili.
Ettore come lo vide l’apostrofò con parole d’ingiuria:
«Sciagurato, tanto corruccio male ti covi in cuore!
Muore la gente intorno alla città e all’alto muro
combattendo; per te strepito e guerra
circondano questa città; anche tu con un altro l’avresti,
se lo vedessi lasciare l’odiosa battaglia;
ma levati su, che presto la rocca non crolli nel fuoco nemico».
Allora gli disse Alessandro simile a un dio:
«Ettore, poiché secondo giustizia m’assali, non contro giustizia,
per questo io parlerò; e tu comprendimi e ascolta;
non per ira o malanimo contro i Troiani, tanto
rimasi nel mio talamo; volevo sfogare il dolore.
La sposa, ora, parlandomi con soavi parole
m’ha incitato alla lotta, e pare anche a me che così
sarà meglio: cambia uomini la vittoria.
Dunque aspettami adesso: io vesto l’armi d’Ares.
Oppure va’, ché ti seguo; son certo di raggiungerti».
Disse così; nulla rispose Ettore elmo abbagliante.
Ma Elena gli si volse con parole di miele:
«Cognato mio, d’una cagna maligna, agghiacciante,
ah m’avesse quel giorno, quando la madre mi fece,
afferrato e travolto un turbine orrendo di vento,
sopra un monte o tra il flutto del fragoroso mare;
e il flutto m’avesse spazzato, prima che queste cose accadessero...
Ma dopo che gli dèi fissaron così questi mali,
avrei voluto essere almeno sposa d’un uomo più forte,
che fosse sensibile alla vendetta, ai molti affronti degli uomini.
Costui non ha ora cuor saldo e neanche lo avrà
certo mai; e temo che ne mieterà il frutto.
Ma tu vieni qui ora, siediti in questo seggio,
cognato, ché molti travagli intorno al cuore ti vennero
per colpa mia, della cagna, e per la follia d’Alessandro
ai quali diede Zeus la mala sorte. E anche in futuro
noi saremo cantati fra gli uomini che verranno... »
Allora le rispose Ettore grande, elmo abbagliante:
«Elena, se m’hai caro non farmi sedere, non puoi persuadermi;
già il mio cuore m’affanna, perch’io porti aiuto
ai Troiani, cui tanto rincresce la mia lontananza.
Piuttosto spingi costui e lui s’affretti,
e mi raggiunga finché sono ancora in città;
io voglio andare a casa, voglio vedere
i servi e la mia sposa e il figlio piccino;
non so se potrò ancora tornare fra loro,
o se gli dèi, fra poco, mi finiranno sotto mani achee».





Saffo, fr. 16 Voigt (trad. di G. Guidorizzi)

Dicono che sopra la terra nera
la cosa più bella sia una fila di cavalieri,
o di opliti, o di navi.
Io dico: quello che s’ama.

Chiunque può capirlo facilmente:
colei che superava di molto
tutti i mortali per bellezza, Elena,
abbandonò lo sposo
- il più eccellente degli uomini -

e fuggì a Troia per mare.
Dimenticò la figlia, dimenticò
i cari genitori.
Fu Afrodite a sviarla.
...
Così ora mi torna alla mente
Anattoria lontana.

Oh. preferirei rivedere
il suo amabile passo,
il candore splendente del viso,
piuttosto che i carri dei Lidi
e battaglie di uomini in armi.


Luciano, I dialoghi dei morti

Menippo - Dove sono, allora, i belli e le belle, Ermes? Fammi da guida, visto che sono qui da poco.
Ermete - No ho tempo, Menippo; tuttavia guarda da quella parte, a destra: là ci sono Giacinto, Narciso, Nireo, Achille, Tiro, Elena, Leda e insomma tutte le antiche bellezze.
Menippo - Vedo solo ossa e crani privi di carni, per lo più uguali.
Caronte - Eppure le ossa che tu sembri disprezzare sono quelle che tutti i poeti ammirano.
Menippo - Almeno mostrami Elena: io infatti da solo non riuscirei a riconoscerla.
Ermete - Questo qui è il cranio di Elena.
Menippo - Dunque per questo le navi furono armate da ogni parte della Grecia e tanti Greci e Barbari caddero e tante città sono andate distrutte?
Ermete - Ma non vedesti, Menippo, la donna in vita: avresti detto anche tu che era un fatto non disdicevole “Pene soffrire per lungo tempo per tal donna” e poi anche i fiori che sono secchi – se uno li guardasse quando hanno perso il colore – è evidente che gli sembrino brutti; quando invece sono fioriti ed hanno anche il colore sono bellissimi.
Menippo - proprio per questo, Ermes, mi meraviglio che gli Achei non capissero di affaticarsi per un fatto così sfuggevole e che sfiorisce facilmente.
Ermete - Non ho tempo, Menippo, di filosofeggiare con te. Quindi tu, dopo esserti scelto un luogo, riposati dopo esserti sistemato. Io, invece, mi occuperò nel frattempo degli altri morti.




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