mercoledì 13 gennaio 2016

Bollettino Ecclesiastico Veronese


«Da dieci mesi quasi tutte le nazioni d’Europa si combattono accanitamente a vicenda in una guerra la più micidiale e disumana, unica nella storia della nostra stirpe, sia per la moltitudine pressoché innumerabile dei combattenti, sia per la forza spaventosa delle armi perfezionate e dei nuovi congegni di guerra adoperati, sia per l’orrendo macello di vittime umane, nuova inoltre per i campi di battaglia nei quali è combattuta, avendo essa occupato oltre quelle della terra e del mare anche le regioni dell’aria.

Un mese fa anche l’Italia nostra entrò a parte di questo immane duello; e già i suoi eserciti, superati i valichi settentrionali ed orientali del regno, hanno fatto le prime armi, ed avanzandosi di vittoria in vittoria, hanno sparso il generoso loro sangue nelle vicine valli del Trentino, sugli incantevoli monti della Carnia, e delle sponde del classico Isonzo.

Colpiti dal tremendo flagello della guerra, e trepidanti per gli orrori che la sogliono accompagnare e seguire, che faremo noi, o dilettissimi, nella triste e penosa ora che volge?

Penitenza, o carissimi, penitenza! […]

In questo tempo in cui Iddio offeso dai peccati degli uomini ci castiga tutti per emendarci e richiamarci a sé, noi sacerdoti dobbiamo essere per ufficio istromenti di riconciliazione […] ci presenteremo al popolo con in mano le tavole eterne della legge divina, rimproverandogliene le molte gravi trasgressioni che provocarono sulle genti e sui Principi il flagello di questa guerra mondiale: tali sono principalmente i peccati dell’ateismo e della incredulità proclamati in pubblico, della bestemmia e del turpiloquio; il malcostume diffuso dalla stampa, dai teatri e dai cinematografi, il tarlo che cagiona lo spopolamento delle città e delle nazioni con la profanazione della santità del matrimonio, e la moda disonesta venutaci da altri mondi, e da noi purtroppo più che tollerata, accolta e adottata.

Con la stessa affettuosa semplicità procuriamo di crescere e cementare sempre meglio l’ammirabile concordia di intenti e di propositi di tutto il popolo italiano nel coadiuvare le supreme autorità politiche e militari a sostenere il peso formidabile dell’ora presente. E mentre tanti e tanti nostri confratelli sparsi sul fronte e nel teatro di guerra con pericolo della loro vita incoraggiano i combattenti ed assistono i feriti, anche noi prestiamo volenterosi l’opera nostra nell’aiutare i vari Comitati di assistenza e di carità sorti in mezzo a noi, nel visitare i malati ed i feriti che verranno portati nei nostri ospedali, nel consolare le afflitte loro famiglie, nell’esercitare insomma quella divina carità, che è paziente, benefica, a tutto si accomoda, tutto crede, tutto spera, tutto sopporta (Cor. XIII, 4,7).

Ma alla semplicità della colomba aggiungiamo sempre la prudenza del serpente. E perciò asteniamoci da qualsiasi atto o discorso sia pubblico che privato, che potesse comecchesia alterare quella armonia e quella concordia di menti e di cuori, che in quest’ora solenne fa palpitare di un palpito solo ogni anima italiana. […] Lungi da voi ogni discussione intempestiva e pericolosa; badate inoltre che siamo nella zona di guerra e sotto l’impero della legge marziale […]»[1].



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                [1] «Bollettino Ecclesiastico Veronese», 1 luglio 1915, pp. 156-161.

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