«Ieri, poco dopo le ore 20, circa duecento giovani, in
buona parte studenti, si riunirono in piazza V.E. e agitando una bandiera
nazionale mossero verso il monumento omonimo fra le grida di “W l’Italia,
abbasso i traditori, abbasso Giolitti”.
Il gruppo a poco a poco si ingrossò fino a diventare
il triplo, quasi. Mentre così rinforzato si andava snodando lentamente per
formare un ampio circolo intorno al monumento, tre o quattro gruppi di persone
di varia età ai quali si erano frammisti soldati di ogni arma, ma in prevalenza
di fanteria e di artiglieria, nonché di guardie di finanza, si addossarono
scompigliatamente ai dimostranti patriottici, gridando “abbasso la guerra”.
Avvenne tosto una reazione di grida opposte da parte di questi ultimi, e
subitamente dalle invettive e dalle minacce, incrociantisi con straordinaria
veemenza, si passò alle vie di fatto.
Mi gettai in mezzo ai contendenti con i pochi
carabinieri ed agenti in borghese disponibili, e mentre il pubblico, accorrente
da tutti i lati della vasta piazza, infittiva conclamando con atteggiamenti di
ostilità varia verso le due parti in contesa, riuscii a sbandarli ed evitare
gravi incidenti. Quello che apparve e fu veramente giudicato vergognoso e
disonorante fu l’azione di non pochi richiamati, il cui neutralismo culminò per
taluni, forse in un bieco momento d’incoscienza civile, in manifestazioni
antipolitiche e provocatrici di reazioni patriottiche.
Ai più scalmanati fra essi dissi fiere parole, ed
imposi che si ritirassero; ad altri, meno tracotanti, rammentai ad alta voce,
fra il fervido consenso dei ben pensanti, il dovere della disciplina e l’onore
della divisa del soldato italiano.
Intanto lo stuolo dei dimostranti, disimpegnato in tal
modo dalla mossa degli avversari, i quali, sostenuti da parecchi soldati,
tentavano invano di strappare la bandiera al portatore, si diresse verso via
Mazzini al canto di inni patriottici.
Giunto all’altezza del restaurant Accademia, un
soldato d’artiglieria, accompagnato a due altri di fanteria, inveì contro il
portatore della bandiera con grida altezzose di “abbasso la guerra”.
Molti del gruppo, assillati dalle parole infuocate del
dott. Veronesi, contro il soldato provocatore, gli si spinsero addosso
tempestandolo di pugni.
Col Vice-Commissario dott. Mazza e con gli agenti in
borghese riuscimmo a trarre d’impaccio quello sconsigliato. Mentre il trambusto
durava uscì dalla contigua bottiglieria Cattarozzi il dott. Caliari, socialista
indipendente, ma di tendenze herveiste dell’antica maniera, il quale, sorretto
da alcuni amici, si scagliò contro il Veronesi, vibrandogli dei pugni al viso.
Riuscimmo a sedare il parapiglia, e mentre il percussore fu accompagnato in
Questura dal Mazza, feci proseguire senza ulteriori incidenti lo stuolo dei
dimostranti. Al monumento di Garibaldi pronunciò brevi parole, ma vibranti di
patriottismo l’avv. Caperle, socialista riformista. Quivi il corteo, in seguito
a mie raccomandazioni, si sciolse pacificamente,
Più tardi, in piazza V.E. si erano andati formando man
mano piccoli gruppi di interventisti e neutralisti. Si rinnovarono, in misura
più ristretta, gli stessi incidenti di prima, di grida e di abbasso. Il
sollecito intervento della forza, alla dipendenza mia e del capitano dei RR.CC.
Sig. Aldo Rossi, valse ad evitare conseguente molteplici e gravi e non si
ebbero, che il ferimento non di entità del sig. Steccanella, e la rottura di
qualche tavolo e di alcuni bicchieri del Lowenbrau.
Anche questa volta i neutralisti erano favoreggiati da
piccoli nuclei di militari, tre dei quali cioè uno dell’80° Fanteria, uno del
deposito del 79°, ed un terzo del 29° Artiglieria, essendo i più eccitati ed
irriducibili, furono dai Carabinieri accompagnati nelle rispettive caserme.
Altri, meno recalcitranti, feci allontanare dagli Agenti; a qualche altro
veniva ingiunto da qualche raro superiore di rientrare in caserma.
Accenno qualche episodio per meglio lumeggiare le
circostanze dei disgustosi incidenti. Una guardia di finanza richiamata gridò
ripetutamente in piazza V.E “W l’Austria” fu assalita e percossa.
Un sottotenente di finanza, richiamato, gridò nella
stessa piazza, “Abbasso la guerra”. Fu minacciato ed ingiuriato dagli
interventisti, fra cui era il noto Ranieri. Un ufficiale dei bersaglieri ed un
altro di artiglieria presero le difese di un bersagliere, spavaldamente
neutralisti.
Il neutralista Minetti Antonio, fonditore, venne alle
mani col sergente, allievo ufficiale, Presti Vittorio dell’8° Artiglieria
perché aveva preso le parti di un bersagliere neutralista il quale aveva
concorso alla rottura dei tavoli al Lowenbrau. Il Presti aveva redarguito il
bersagliere sconsigliato; di qui il risentimento del Minetti.
Tralascio per amore di brevità altri incidenti del
genere.
Tale è stato dunque lo svolgimento della prima fase
critica di queste incresciose dimostrazioni, le quali, se è stato possibile
contenere nei limiti di una libertà non trasmodadrice e non esuberante, lo si
deve in massima parte, alla saggezza delle istruzioni di V.S. Ill.ma, la cui
attuazione ho curata come meglio potevo e sapevo[1].
Il
Commissario di P.S
Borrelli
[1] Archivio di Stato di Verona, Fondo
di Prefettura, b. 316, fasc., “Questura di Verona. Dimostrazione pro e
contro la guerra. 14 maggio 1915”, Relazione riservata al questore di Verona,
14 maggio 1915.
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